Si è chiusa ieri la corsa per il «supercashback», la gara a chi fa più scontrini con il bancomat. In palio c’erano 1500 euro riservati ai centomila consumatori con più transazioni al loro attivo da gennaio a oggi. Arriveranno tra qualche giorno dopo i necessari controlli. Per i vincitori è un premio meritatissimo: sono stati sei mesi estenuanti, iniziati quasi per gioco e conclusi con crisi d’ansia e tatticisismi da ludopatici.

TUTTA COLPA DELLA APP «IO», apparentemente innocua e anzi utile strumento di dialogo con la pubblica amministrazione. Ma la app informa anche su chi è dentro o fuori dai centomila. In questi sei mesi è stata lei la nuova droga, la prima schermata da guardare al risveglio e l’ultima prima del sonno. Con la crudeltà supplementare di scoprire quante transazioni ha fatto il centomillesimo in gara, la «lepre» da prendere come riferimento per la propria corsa soprannominata «Spizzichino» dai giocatori.

Quotidianamente, chi era sotto di qualche «trans» (“transazione”, nel gergo dei professionisti del cashback) sapeva che al mattino dopo avrebbe dovuto darsi da fare, pagando il caffè col bancomat in un bar e il cornetto in un altro. Chi invece ha avuto qualche scontrino di vantaggio, ha potuto respirare ma non rilassarsi, perché la corsa è diventata ogni settimana più veloce.

Se nei primi due mesi per rimanere nel gruppo dei migliori servivano un paio di «bancomat» al giorno, negli ultimi giorni bisognava farne nove o dieci di media, domeniche comprese. Bastava distrarsi un giorno per farsi staccare da Spizzichino.

PER ASPIRARE AL SUPERBONUS, i concorrenti hanno dovuto stravolgere le loro vite. «La tecnica che ho usato maggiormente si chiama “frazionamento”. Prima tendevo a fare la spesa un paio di volte a settimana, e a comprare quattro o cinque pacchetti di sigarette per volta» spiega Marco (nome di fantasia), impiegato in smart working arrivato tra i primi settantamila.

«Da due o tre mesi ho preso l’abitudine di spezzettare gli acquisti: esco all’ora di pranzo e faccio il giro dei supermercati, comprando il pane in uno e il latte in un altro. Finito il lavoro, faccio un altro giro per la frutta e la verdura». In questo modo Marco è arrivato a fare anche tredici scontrini in un giorno senza litigare troppo con baristi, tabaccai e giornalai poco entusiasti di tirare fuori il bancomat per pochi spicci. C’è anche chi ha adottato tecniche più aggressive, come documentano i forum e le pagine Facebook in cui ci si confronta tra concorrenti. Quelli più esecrati sono i «pistolettari» dal grilletto facile: non impugnano il revolver, ma la pistola della pompa di benzina.

DI NOTTE, GIURANO ALCUNI utenti inviperiti, i «pistolettari» hanno abusato dei self-service per fare il pieno, pochi centesimi per volta. I primi a segnalare il fenomeno sono stati i benzinai, che al mattino si trovavano estratti conto chilometrici come se la notte prima la loro pompa fosse stata presa d’assalto. Poi ci sono i furbetti del «pos da divano».

Acquistato un dispositivo bancomat (oggi non serve un negozio per averne uno) lo hanno collegato al proprio conto in banca e in questi mesi hanno fatto donazioni a se stessi per accumulare scontrini fittizi. Si favoleggia anche dei ragazzini del ketchup, in fila ai totem dei fast-food dove, 20 centesimi per volta, si sale in classifica comprando bustine di salsa. Ma la fantasia dei consumatori in gara, come quella dei complottisti da tastiera, non ha limiti e il confine tra realtà e leggenda metropolitana sfuma.

SE IL GOVERNO intende stoppare il cashback, sgradito al ministero dell’economia e alla Corte dei Conti, ora in tanti sui forum e sui social accusano «i furbetti che da dopodomani ritorneranno a pagare in contanti come sei mesi fa», come scrive “Nino D’Angelo” su Facebook. Risponde Ciccio_red sul forum di «IO»: «Se vado a fare la spesa 3 volte al giorno al posto di farla 1 volta a settimana dove sta lo sbaglio?».
«Costa 1,5 miliardi e non produrrà un rientro compatibile, è per questo che viene cancellata», spiega più ragionevolmente Margo.

IL PROVVEDIMENTO puntava a incoraggiare l’uso di bancomat e carte di credito per recuperare scontrini e relative imposte. La misura però ha riguardato soprattutto il commercio al dettaglio, non l’evasione di professionisti e lavoratori autonomi. Ai fini del premio, infatti, uno scontrino per un cappuccino vale quanto la parcella del dentista, che quindi ha mantenuto lo stesso incentivo a proporre un servizio in «nero» in cambio di uno sconto di centinaia di euro. I redditi «emersi» in fin dei conti non saranno moltissimi.

PERÒ IL CASHBACK qualche effetto lo ha avuto. Se per qualcuno il frazionamento ha generato solo ansia, c’è anche chi ha riscoperto le botteghe del quartiere e un ritmo di vita più umano. «In questi mesi ho imparato a dividere la spesa, frutta e verdura dall’ortolano, pane al forno e così via» spiega Alessandro Scarpa. «Molto più tempo perso ma anche molta più qualità». E grazie al supercashback è nata una tribù di dissidenti del consumismo suburbano, cacciatori-raccoglitori di scontrini che violano i dogmi del marketing e del consumismo di massa.

BASTA CON LA DITTATURA delle carte fedeltà e dei premi in cassa: meglio entrare e uscire da market diversi, senza regalare a nessuno il proprio profilo di consumatore. Addio offerte 3×2 e economie di scala. Tanto sul lungo periodo saremo tutti morti, lo diceva pure Keynes.
Il cashback non è, come potrebbe sembrare, l’altra faccia del turbo-capitalismo digitale basato sulla raccolta dei dati personali e sull’endorfina dell’acquisto amazzonico. Assomiglia al suo contrario: premia chi ha da spendere più tempo che soldi, bada solo alle necessità quotidiane e diserta le cattedrali del consumo. Hasta la victoria, cashback.