Da quando il 16 febbraio il rapper Pablo Hasél è stato arrestato per «apologia di terrorismo» e «ingiurie al re», la Spagna è scossa da un’ondata di proteste. Ogni sera, soprattutto le città catalane – oltre a Madrid, Valencia e Bilbao – sono attraversate dalle mobilitazioni per la liberazione dell’artista e la libertà d’espressione, riunendo a volte decine di migliaia di dimostranti.

Le forze dell’ordine, complici le restrizioni imposte per contrastare la pandemia, hanno reagito con durezza: secondo l’associazione antirepressiva Alerta Solidaria, solo in Catalogna nelle ultime due settimane sono stati fermati 144 manifestanti, tre dei quali ancora in carcere, a cui se ne aggiungono altre decine nel resto del paese.

Sabato, al termine degli scontri scoppiati a Barcellona a margine di un corteo di 5mila persone, in manette sono finiti anche sei italiani (cinque uomini e una donna) e un francese che, secondo le autorità, avrebbero formato un «gruppo violento organizzato» dedito a provocare quanti più danni possibile a banche, negozi di lusso e arredi urbani.

Il rapper spagnolo Pablo Hasél

Gli italiani sono in attesa dell’udienza di convalida davanti al magistrato; su di loro gravano le accuse di danneggiamento e associazione a delinquere. La ragazza (Sara Casiccia, 35enne torinese) e un altro manifestante, però, rischiano di essere rimandati a giudizio per «tentato omicidio» perché accusati di aver appiccato il fuoco a un furgone della Guardia urbana, la polizia locale, mentre un agente – uscitone illeso – era alla guida.

Secondo Miquel Sàmper, il responsabile regionale degli Interni, gli arrestati – tra cui ci sarebbero i piemontesi Alberto Frisetti, Luca Callegarini ed Ermanno Cagnassone – apparterrebbero all’area anarchica e sarebbero arrivati a Barcellona da Canet de Mar e Matarò, località della costa dove lunedì i Mossos hanno perquisito due edifici occupati.

Sostenuto dalla sindaca di Barcellona, che in una conferenza stampa congiunta ha fatto appello alla «unità delle istituzioni contro gli atti di violenza», e sotto pressione per le proteste di commercianti e imprenditori che chiedono il ripristino della pace sociale, Sàmper ha denunciato la scarsa determinazione del suo partito (Junts per Catalunya) e dello schieramento indipendentista nei confronti dei gruppi violenti.

I sindacati di polizia denunciano un’escalation che avrebbe superato ogni linea rossa, a partire dall’assalto a un commissariato dei Mossos a Vic, il 16 febbraio. Sotto i riflettori sono finiti però, di nuovo, i metodi a volte brutali dei Mossos d’Esquadra nei confronti di manifestanti inermi per disperdere i quali, il 16 febbraio, gli antiavalots hanno sparato centinaia di proiettili di Foam, la «schiuma» di poliuretano che in Catalogna ha sostituito i micidiali proiettili di gomma: uno ha colpito al volto una ragazza di 19 anni devastandole il globo oculare.

Il Centro Iridia e diversi avvocati denunciano cariche indiscriminate e pestaggi anche nei commissariati. La Cup (sinistra anticapitalista), il cui sostegno è indispensabile per la nascita di un governo indipendentista, chiede la proibizione del Foam e lo scioglimento della Brigata Mobile dei Mossos, impiegata anche negli sfratti.

Sàmper, spalleggiato da un pezzo del suo partito ma anche da socialisti e destre unioniste, definisce irricevibili le richieste. Ha aperto un’indagine interna e, al massimo, ha detto, si risarcirà la ragazza che ha perso un occhio.