Se non fosse stato per la presenza di una donna nera sul palco, il dibattito di mercoledì sera tra i candidati alla vicepresidenza Kamala Harris e Mike Pence avrebbe potuto sembrare un evento di un’altra epoca, un educato minuetto elettorale degli anni ’60, quando i candidati (maschi e bianchi, naturalmente) si rispettavano, e magari si complimentavano a vicenda. Dopo la rissa da saloon fra Trump e Biden vista dieci giorni fa, l’incontro dei loro vice è apparso come un modello di correttezza politica.

In realtà, lo stile della politica di oggi negli Usa è quello imposto da Trump e quindi il dibattito di Salt Like City l’altro ieri suonava un po’ artificioso, una imitazione di qualcosa che non c’è più e non si sa se e quando potrebbe tornare.

Palesemente Kamala Harris aveva fatto i compiti a casa: continuava a tornare sull’argomento della pandemia e dei risultati devastanti che ha avuto per gli americani (oltre 200.000 morti) senza permettere a Pence di cambiare argomento: «Il popolo americano – ha detto – è stato testimone di quello che è il più grande fallimento di qualsiasi amministrazione presidenziale nella storia del nostro Paese».

Ha accusato Pence e Trump di aver ignorato il costo della malattia all’inizio dell’epidemia. «Lo sapevano e l’hanno nascosto», ha detto Harris. «Il presidente ha detto che il Covid-19 era una bufala. Hanno minimizzato la gravità della cosa».

Inoltre, la candidata democratica ha ripetutamente ricordato agli elettori il continuo sforzo dell’amministrazione Trump per abolire le modeste protezioni offerte da Obamacare e, a un certo punto, fissando direttamente la telecamera ha aggiunto «Chi ha una condizione patologica preesistente – malattie cardiache, diabete, cancro al seno – verranno a cercarti [per toglierti l’assicurazione]», ha detto. «Se amate qualcuno che ha una malattia preesistente, verranno a cercarti. Se hai meno di 26 anni e sfrutti la copertura sanitaria dei tuoi genitori, verranno a cercarti».

Seria e preparata, Harris è apparsa poco spontanea e, agli occhi degli elettori maschi e bianchi, sicuramente un’antipatica secchiona che strabuzzava gli occhi quando Pence mentiva spudoratamente, oltre a dire un paio di volte di troppo «So di cosa sto parlando». Per esempio, il vicepresidente in carica ha affermato all’inizio del dibattito che gli Usa hanno «recuperato 11,6 milioni di posti di lavoro perché avevamo un presidente che ha tagliato le tasse, ha ridotto la regolamentazione, ha liberato l’energia degli americani, si è battuto per un commercio internazionale libero ed equo, e infine ha ottenuto 4.000 miliardi di dollari dal Congresso per dare alle famiglie sussidi diretti».

In realtà è vero che l’economia americana ha recuperato circa 11,4 milioni di posti di lavoro ma Pence ha omesso di ricordare che erano ben 22 milioni i posti persi tra febbraio e aprile, quindi circa il doppio. Undici milioni di disoccupati in più, che non avranno alcun sollievo economico nelle prossime settimane perché Trump ha brutalmente interrotto i negoziati in corso con la Camera a maggioranza democratica per concordare un nuovo pacchetto di misure di sostegno all’economia. «Se ne riparlerà dopo la mia vittoria» ha sprezzantemente affermato the Donald.

Un’altra scommessa azzardata da parte di Trump. Si vedrà nei prossimi giorni se lui e Biden troveranno un accordo sulle modalità di svolgimento del secondo incontro, ma chi ha più da perdere dalla rinuncia al confronto con l’avversario è il presidente, che tutti i sondaggi danno in svantaggio.

A livello nazionale Biden oscilla tra il 50 e il 52% delle intenzioni di voto ma, soprattutto, sembra avere un solido vantaggio in stati chiave come Pennsylvania, Wisconsin e Michigan (i tre stati che diedero la vittoria a Trump nel 2016) e sembra essere in testa anche in stati in genere favorevoli ai repubblicani come Florida, Arizona e Georgia. Potrebbe addirittura vincere in Texas, che non ha mai votato per un candidato democratico alla presidenza dal 1976 in poi. I margini sicuramente si ridurranno negli ultimi giorni prima delle elezioni ma Biden ha quest’anno un’alleato importante nel voto per posta, già iniziato in alcuni stati, dove gli elettori stanno votando in base alle idee che si sono fatti fin qui, senza aspettare i fuochi d’artificio dell’ultima settimana. Resta da capire cosa farà Trump per contestare il risultato delle elezioni e se troverà i necessari alleati in Congresso e alla Corte Suprema.