La galassia intellettuale di Haroldo de Campos, uno dei maggiori esponenti della cultura brasiliana del Novecento, si rende ora più facilmente avvicinabile grazie agli otto testi riuniti in una recente raccolta di saggi, Traduzione, transcreazione (a cura di Andrea Lombardi e Gaetano D’Itria, Oèdipus, pp. 163, euro 12,50, il volume verrà presentato lunedì 31 alle ore 18 all’Auditorium del centro Cultural Brasil-Italia, Piazza Navona 18) che ha il merito di coprire quasi mezzo secolo di esercizio critico, privilegiando i contributi di argomento italiano, che inevitabilmente dialogano con la riflessione sulla traduzione poetica, come pratica necessariamente creativa, praticata da Campos nel suo pluridecennale confronto con ciò che appare tendenzialmente intraducibile.

Le pagine sull’estetica del frammento in Ungaretti e Leopardi, sui Novissimi e, soprattutto, quelle più recenti di esegesi dantesca appaiono, del resto, strettamente vincolate alla proposta transcreativa di questo studioso raffinatissimo, ma in esse riecheggiano anche i presupposti estetici del Campos poeta concreto. D’altra parte, l’avvicinamento al fenomeno letterario praticato da questo autore si caratterizza per una miscela di riflessione teorica, dizione poetica e prassi traduttiva, in cui non è possibile privilegiare un aspetto a scapito degli altri. Del resto, nella sua ricerca di un’espressione poetica pienamente contemporanea, Haroldo de Campos ha riallacciato il dialogo con il Modernismo degli anni venti, con le intuizioni antropofagiche di Oswald de Andrade, costruendo, però, anche una fitta rete di autori e modelli, tratti dalle letterature più disparate, che il poeta concreto ha divorato e rielaborato.

Per Campos, in sostanza, la letteratura è uno spazio di reciproca e costante deglutizione, finalizzato a creare una antitradizione in progress, in cui a venire delegittimato è il valore normativo del canone tradizionale. Sulla scia di quanto già teorizzato da Pound, con un atteggiamento fagico voracissimo e riconoscendo come unico punto di vista praticabile la prospettiva contemporanea, il Campos poeta-critico-traduttore coglie tutta la potenziale fecondità dell’anacronismo – consapevole, sì, della temporalità che supporta ogni testo, ma anche certo dell’indispensabile lettura dialettica presupposta dallo sguardo che lo legge dal presente.

Se, come scrive nel 1955, «l’arte poetica (…) poggia su un continuum meta-storico che rende contemporanei Omero e Pound, Dante e Eliot, Góngora e Mallarmé», allora l’avanguardia può fondarsi su una tradizione perennemente rinnovata, che diviene nutrimento inesauribile per l’impulso creativo. I parametri teorici del poeta concreto orientano anche le incursioni del critico letterario, che propone bruschi tagli trasversali nella storia della letteratura, rifiutando qualsivoglia storiografia di impianto evolutivo, dall’andamento paratattico e inevitabilmente teleologico; piuttosto, Campos pratica un’interpretazione della storia della letteratura che privilegia la frattura e si propone come grafico sismico della frammentazione eversiva. Uno spazio critico mirato a isolare i rinnovamenti formali in cui si inserisce, ad esempio, la riscoperta del Barocco. È, dunque, a partire da questa prospettiva sincronica che Campos vede nel Dolce stil novo una bossa-nova del Duecento, in Leopardi un teorico dell’avanguardia e nel Paradiso di Dante un poema astratto in dialogo con l’ultimo Mallarmé e con alcune tendenze operative in Malevic e Kandinskij.

Quanto al Campos traduttore, egli considera questo mestiere una operazione critica, pedagogica e soprattutto creativa, «la cui preoccupazione è quella di essere più fedele all’invenzione (come qualcosa di nuovo) che al dogma del significato letterale, sterile». La sua transcreazione, dunque, non può che mirare a ricostituire l’informazione estetica originale nella lingua d’arrivo, aspirando a farsi originale autonomo: perciò, se «Dante estremizza l’italiano» e tutto nella sua lingua può succedere, allora tutto «deve essere transcreato (…) fino al punto di (…) trasformare l’originale nella traduzione della sua traduzione».