La scrittrice francese Virginie Depentes in Trilogia di Parigi fa dire al protagonista, Vernon Subutex, che di musica se ne intende, che l’hardcore è un rumoroso sottofondo mal suonato su cui qualcuno canta parole incomprensibili.
Giudizio tranchant (sebbene Depentes sia stata una delle protagoniste della scena punk francese) ma, a dire il vero, spesso la percezione è stata quella. Soprattutto se si considera la prima scena Usa quando l’urgenza espressiva prevalse sulla capacità tecnica, avvalendosi esclusivamente di suoni assordanti, ritmiche serrate e cantato «in scream» – fanno eccezione i Bad Brains, che, già appassionati di jazz-fusion nera, compongono brani dalla forma musicale complessa e articolata . Quindi, forse proprio nel raffronto con quello americano, l’hardcore italiano si rappresenta sin da subito come movimento non derivativo, ma dotato di una personalità che, pur guardando ai gruppi d’oltreoceano, si impone con caratteri propri, influenzato anche dall’esperienza politica post terrorismo. Una scena che diviene popolare anche negli Stati Uniti e in Europa, dove è la più influente.
Indigesti di Vercelli, Wretched di Milano, Negazione di Torino, Kina di Aosta, CCM di Pisa, Crash Box di Milano, Upset Noise di Trieste, Bloody Riot di Roma e Raw Power di Reggio Emilia, i gruppi più significativi, al cui fianco, meno seminali, decine di altre band e altre realtà: etichette discografiche (tra le altre, l’Attack Punk Records di Bologna di Jumpy (Helena) Velena e Laura Carroli, che esordisce pubblicando l’ep Schiavi nella città più libera del mondo per poi dare il via all’esperienza dei CCCP-Fedeli alla Linea e al loro soviet punk), autoproduzioni (significativo lo split ep Indigesti/Wretched che vide la partecipazione delle due band impegnate in quella che, a posteriori, possiamo senz’altro definire la pubblicazione più influente nell’ambito dell’HC italiano) e fanzine (su tutte la chaos-zine TVOR-Teste Vuote Ossa Rotte, fondata da Stiv ’Rottame’ Valli e Marco ’Maniglia’ Medici, che mischia informazione a dissacrante ironia).
Marco Philopat nel suo Lumi di punk (Agenzia X) ragiona di come «il punk suo malgrado interpretò un periodo nel quale avvenne una rottura storica determinante: fu una drammatica rappresentazione della sconfitta e insieme un fragilissimo anello di congiunzione tra generazioni ribelli (…); dal rifiuto del ruolo di idolo da palcoscenico all’abolizione delle barriere tra chi suona e chi ascolta, nel punk si sono scatenate le più originali forme di protesta che escludono ogni progettualità “buonista” o, se preferite, “riformista”…».
LE BASI
Nell’aprile 1982 a Milano il centro sociale occupato Virus chiama a raccolta il mondo punk hardcore italiano nella «battle of the bands» Offensiva di primavera, in cui si esibiscono 50 gruppi tra i più rappresentativi.
Mauro Codeluppi è il chitarrista dei Raw Power, gruppo a tal punto fondamentale da avere influenzato, secondo diffusa opinione, anche la scena di New York. Ne parliamo e ammette: «Quando lo sento dire o leggo un’intervista di qualche gruppo che lo dice, è veramente una cosa che mi riempie di gioia e di orgoglio. In fondo a noi l’hardcore ha dato moltissimo e sapere che siamo riusciti nel nostro piccolo a restituire in minima parte quello che abbiamo avuto, è una gran cosa. Sentirlo poi dire da gruppi che ancora oggi sono in giro per il mondo a suonare, ti fa emozionare». Il gruppo, forte di una (allora) inusuale tecnica (assoli, batteria perfetta, cantato in inglese) si esibirà più volte negli Stati Uniti: «Tutto è iniziato con un pezzo mandato a Jello Biafra dei Dead Kennedys, Fuck Authority, che è poi finito sulla compilation Welcome to 1984. Fummo chiamati per il primo di tanti tour negli Usa e da lì il nome dei Raw Power ha iniziato a essere conosciuto un po’ ovunque».
Guido ’Zazzo’ Sassola, cantante dei Negazione – fondamentale gruppo torinese – ci descrive lo scenario da cui prese le mosse l’Italian hardcore: «In Italia fino ai primi anni Ottanta esisteva una serie di band che, musicalmente, ruotavano attorno al punk e alla new wave. L’area bolognese, Milano, Pordenone, il sud con Taranto in prima fila, la Toscana…Poi tra l’81 e l’83 cominciano a nascere gruppi che, pur rifacendosi al punk, guardavano, almeno dal punto di vista musicale, oltreoceano. Io personalmente colloco in quell’angolo temporale la nascita della scena hardcore italiana. Noi nasciamo nel 1983, un po’ dopo rispetto ad altri gruppi ma in sostanziale contemporaneità nel panorama nostrano, che sarebbe poi stato riconosciuto come quell’Italian hardcore da Maximum R’n’Roll e altri. Siamo nati dalla fusione di due band, una con una serie di concerti e più storia all’attivo, i 5° Braccio, l’altra con un’unica uscita pubblica a Genova, gli Anti-Stato. L’esigenza comune era quella di suonare musica veloce, più veloce rispetto al punk classico, e di scrivere testi che andassero oltre gli slogan, filtrando il personale nella vita di tutti i giorni attraverso le parole».
QUEL GIORNO
La fine della prima scena italiana è segnata da una data: 26 giugno 1987. Quel giorno, a Bologna, Negazione, CCM e Indigesti condividono il palco del Casalone per quello che è il concerto d’addio a Fabrizio Fiegl, storico batterista del gruppo torinese. Zazzo ce lo conferma: «Quel concerto, anni dopo, venne riconosciuto da molti come una svolta. E sicuramente lo fu. Radunò tre dei quattro gruppi che erano andati a fare un’esperienza live oltreoceano (noi in realtà ci andammo dopo). Ogni band era a un punto cruciale della propria storia. Per CCM e Indigesti segnò lo stop definitivo, noi avremmo continuato attraverso dubbi e difficoltà, specie negli ultimi anni. La consapevolezza che anche per i Negazione sarebbe stato un punto di svolta venne dopo. Capivamo che qualcosa stava cambiando attorno a noi e, in un certo senso, stava cambiando anche noi. La scena così come era stata conosciuta non esisteva più. Stanchezza, scazzi, divisioni, diversità di vedute e mille altre cose avevano portato allo sgretolamento di quello che era un mondo variegato ma comunque abbastanza uniforme. E come per tutte le storie, più o meno importanti, rileggendole a posteriori, senza lo stesso trasporto emotivo di quando sei coinvolto, molte cose ti risultano più chiare».
L’avvio della seconda fase dell’hardcore nostrano coincide con l’arrivo in Italia di un gruppo di New York: nel 1989 gli Youth Of Today si imbarcano in un tour europeo. In Italia suonano a Bologna, Firenze, Torino e Milano. Il concerto milanese al Leoncavallo riaccende la miccia. Nel mese di agosto, i Gorilla Biscuits toccano anche loro l’Europa. Il pubblico italiano nel frattempo è cambiato: ne è mutata l’estetica e «l’etica»: i ragazzi indossano le maglie dei gruppi «straight edge» Usa, le felpe con il cappuccio, e molti hanno abbracciato uno stile di vita «drug free».
Rinasce la scena italiana e di conseguenza quella europea. Negli anni Novanta i gruppi fondamentali sono Growing Cocern, Think Twice e poi Concrete, By All Means, Burning De Feat e With Love.
Nico Vascellari era il vocalist della band, racconta: «Quando abbiamo cominciato ci sentivamo vicini alle sonorità, ai contenuti e anche all’estetica di gruppi di etichette come Vermiform, Gravity ed Ebullition. E poi tutta la scena italiana fatta di gruppi in particolare modo quella legata a Green Records di Padova e SOA di Roma».
Ci dice, poi, del suo primo approccio al punk: «È stato nel ’91. Era da poco uscito Video Days, un video diretto da Spike Jonze per la Blind Skateboardse; per una fortuita ragione una copia sgangherata in vhs era arrivata nelle mani di uno di noi tre che a Vittorio Veneto andavamo in skateboard. A un certo punto ecco che una sezione particolarmente rovinata della cassetta era accompagnata da un suono dirompente e energico che descriveva perfettamente, in maniera emblematica, il mio stato emotivo di quel periodo e probabilmente anche le ragioni per le quali mi ero avvicinato allo skateboard. Era My War dei Black Flag».
L’esperienza con i With Love continua a vivere oggi nell’arte di Vascellari: «Sicuramente dal punto di vista performativo sono molti i punti di contatto con l’esperienza fatta durante i concerti. In generale è vero anche che concetti legati al DIY hanno influenzato notevolmente il mio approccio alla scultura e in certi progetti come Codalunga e Lago Morto è veramente facile tracciare delle linee di contatto con la militanza hardcore. In fin dei conti ho lasciato l’università per dedicarmi a With Love e ai progetti ad essi collegati. È normale consideri quell’esperienza la mia scuola».