Hans-Jürgen Krahl è stato uno dei pensatori militanti più originali del movimento studentesco tedesco nel ’68. Perse la vita a 27 anni in un incidente stradale in una notte d’inverno nel 1970. Se a Rudi Dutschke è stata riconosciuta una straordinaria capacità agitatoria sulle masse, a Krahl è stato attribuito il ruolo di teorico del movimento antiautoritario. Nel romanzo di formazione dell’ultima generazione europea che ha immaginato l’utopia concreta di un comunismo contrario al riformismo socialdemocratico e al socialismo «reale», Krahl è una meteora che ha lasciato una scia di intuizioni ancora valide per chi si interroga sulla costituzione delle classi, sulla trasformazione della forza lavoro e sul pensiero della liberazione.

In L’intelligenza in lotta. Sapere e produzione nel tardo capitalismo (Ombre Corte, pp. 163, euro 13), i curatori Nicolas Martino e Francesco Raparelli ripropongono una raccolta di saggi di Krahl.

RIPORTANO ALLA LUCE l’attualità di questo allievo critico di Adorno e non pacificato con il maestro che chiamò la polizia per sgomberare un’aula occupata dagli studenti. Un episodio in cui precipitò una rottura politica tra generazioni nella teoria critica. Prendiamo Adorno. Radicalissimo in filosofia, si pensi a Dialettica negativa, moderato e conservatore in politica. Lo scontro fu anche con Jürgen Habermas riconosciuto erede della prima generazione della Scuola di Francoforte. La polemica di Krahl contro l’autore della Teoria dell’agire comunicativo, riportata in questa antologia, è condotta con lo stile affilato di Miseria della Filosofia di Marx.

Della Scuola di Francoforte, in crisi già a quel tempo, Krahl è considerato una versione minore e antagonista, ma il suo pensiero è stato interpretato oltre questi confini. Sponda per alcune riflessioni del marxismo post-operaista durante e dopo il movimento del ’77 in Italia, Krahl è stato recepito come un interprete della trasformazione del lavoro intellettuale e scientifico. Egli vide l’emersione di una nuova forza lavoro «cognitiva», a metà tra il precariato universitario e l’operaio sociale, parte di una classe lavoratrice non più basata politicamente solo sulla manifattura. Questa intuizione gli permise di criticare i limiti del movimento studentesco che tendeva a non considerarsi una forza lavoro, ponendo l’esigenza di un’alleanza con quello operaio che coglieva solo parzialmente il senso della critica antiautoritaria della società. Progetto difficile da realizzare allora, nella «Germania in autunno», come altrove.

L’OPERA DI KRAHL è attuale per la sua critica dell’idea «borghese» del lavoro intellettuale basato sulla distinzione e il professionalismo. Definire tale lavoro nei termini di una politica di classe, è utile oggi per comprendere l’origine delle geremiadi sulla meritocrazia e decostruire le retoriche patriottiche sul capitale-umano-che-fugge-all’estero. Il vittimismo precario, il risentimento per le promesse tradite dai «padri» il fallimento di chi non riesce a diventare imprenditore di se stesso: queste forme di revanscismo possono essere combattute, e rovesciate, ripensandosi come forza lavoro, indipendentemente dal lavoro, dalle appartenenze e dalla nazionalità.

Uno dei testi più interessanti del libro è la difesa di Marcuse dagli attacchi dell’ortodossia maxista-leninista. Per Krahl l’autore di Eros e civiltà non riuscì però a coniugare le istanze della differenza con quelle dell’uguaglianza. Marcuse, in realtà, ne era consapevole. I movimenti «antisistemici» e anticapitalisti non riuscirono a collegarle in una forza materiale e politica. Questo è ancora il nostro problema. Lo sa chi oggi cerca un’intersezione tra classe, razza, sesso e ambiente. È un’intuizione strategica alla quale tuttavia manca ancora una politica. Ci si divide tra enunciazioni di principio e rappresentazioni identitarie, si separano le vite dai diritti e si costruiscono gerarchie tra diritti sociali civili e politici. Krahl direbbe che manca un rapporto tra teoria e prassi: né l’una, né l’altra oggi sono all’altezza. Il rapporto va recuperato attraverso una nuova critica antiautoritaria e un altro pensiero della liberazione. Sembra una prospettiva remota in una società reazionaria come la nostra. Krahl, che visse brevemente in una società più aperta al possibile ma non meno feroce, risponderebbe: creare ancora, creare meglio.