Benoît Hamon, dopo aver vinto le primarie del Parti socialiste nel ballottaggio contro Manuel Valls (58,7% a 41,2%), in uno scrutinio che ha registrato una partecipazione in aumento (più di 2 milioni di votanti), ha subito iniziato la ricerca di un’intesa, sia nel Partito socialista che nell’area più allargata della sinistra. Sarà ricevuto in settimana dall’indifferente Hollande.

Ieri, il candidato del Ps alle presidenziali ha incontrato il primo ministro, Bernard Cazeneuve, che lo ha messo in guardia: «La sinistra non vincerà senza difendere il bilancio dei cinque anni della presidenza Hollande». Hamon si è dichiarato «soddisfatto» dell’incontro e ha assicurato che potrebbe «arricchire» il proprio programma con le «proposte» delle altre correnti del Ps, fermo restando il ritiro della Loi Travail. La strada non è facile. È stata la sinistra del Ps a vincere le primarie. A questi dissidenti il gruppo legato a Valls rimprovera la «fronda» contro Hollande, che ha finito per mettere fuori gioco per le prossime presidenziali prima il presidente in carica, poi lo stesso Valls e il partito. Già ieri, del resto, è iniziato un lento esodo di personalità dell’ala destra verso l’appoggio a Emmanuel Macron, candidato che per il momento non ha ancora presentato un programma politico preciso, ma che si dichiara «né di destra né di sinistra» e gioca la carta della gioventù (sua – ha 39 anni – e del suo elettorato, stando ai sondaggi).

Anche Hamon ha un elettorato giovane. Ha subito teso la mano alle altre due anime della sinistra, i Verdi e Jean-Luc Mélenchon. Europa Ecologia ha scelto, con le primarie, Yannick Jadot come candidato (estromettendo l’ex ministra Cécile Duflot, molto più conosciuta). Jadot, per il momento, mantiene la candidatura (ma ha difficoltà a raccogliere le 500 firme di politici eletti necessarie per potersi presentare). Ammette, però, «la bella campagna» di Hamon e mostra disponibilità, sempre che Hamon non si chiuda nei meandri del Ps. Molta meno disponibilità da parte di Jean-Luc Mélenchon, che considera possibile un’intesa solo alla condizione che sia lui a guidarla: Hamon preoccupa France Insoumise, un ultimo sondaggio dà Mélenchon sorpassato dal candidato Ps (ma tutti dietro Macron). Il Pcf, che ha scelto a fatica di schierarsi dietro Mélenchon rinunciando ad avere un proprio candidato, considera «una buona notizia» la vittoria di Hamon e si dice pronto a «discutere con tutta la sinistra anti-austerità».

Sulla sinistra e la vittoria di Hamon chiediamo un parere a Henri Weber, tra i fondatori della Ligue communiste révolutionnaire (Lcr), con Alain Krivine e Daniel Bensaid, poi vicino a Laurent Fabius, che è stato senatore Ps e europarlamentare.

Benoît Hamon può cambiare la situazione a sinistra? Può rappresentare un rilancio della socialdemocrazia data per morta?

La socialdemocrazia sta vivendo una crisi internazionale. La Francia non è esclusa, tanto più che qui è stata al governo e questo costa molto caro nelle difficili condizioni di oggi. La socialdemocrazia, secondo me, non è in agonia, ma sta vivendo una crisi di rifondazione. È la quarta volta: era successo nel 1921, nel ’40 con la guerra, nel ’69, dove il Ps era crollato al 5% alle presidenziali, per poi rinascere nel ’71 a Epinay e aprire un ciclo ventennale di esercizio del potere. Una crisi di rifondazione deve portare a un rinnovamento totale, teorico, di programma, di organizzazione, delle pratiche militanti. Dare il Ps per morto è ormai un genere letterario in Francia, questa tesi ha riempito le biblioteche. Ma il Ps è comunque riuscito ad aprire i seggi per le primarie, con 60mila militanti impegnati, niente male per un cadavere».

Il primo ministro, Bernard Cazeneuve, ha suggerito a Hamon di cercare un’unità a sinistra. È una strada possibile?

Ricomporre le diverse anime della sinistra prenderà tempo e sarà fatto stando all’opposizione. Certo, non è escluso che Macron vinca: bisogna aver presente che non è la sinistra che può vincere, ma la destra che può perdere. Non si può imputare questa crisi a un uomo o a un partito, anche se hanno delle responsabilità, siamo di fronte a eco-sistema politico che è cambiato, che fa sì che tutti i partiti di governo siano in crisi, come era successo negli anni ’30 solo i demagoghi prosperano. Macron rappresenta un tentativo, si tratta di un partito-impresa, un’organizzazione che si propone come un’impresa di servizi, con un capo gerarchico – lui stesso – che alla fine sceglierà i 577 candidati per le legislative, che si sono presentati in seguito a un appello su Internet.

Hamon a chi si rivolge?

Hamon parla all’immaginario. Ha adottato il metodo del principio di piacere, non quello del principio di realtà, ma del resto il suo obiettivo è trovare una soluzione alla crisi del Ps e della sinistra, conquistare il partito non arrivare all’Eliseo. Propone temi piacevoli alle orecchie di sinistra, a un uditorio che vuole sbarazzarsi dalla fatica del potere. Salvo Macron, tutti considerano che l’elezione è persa e che bisogna approfittarne per ricomporre la sinistra. Ma ognuno vuole farlo a proprio vantaggio, Mélenchon, Macron, Hamon. Il reddito universale che propone è una bella idea, ma per ora resta un’utopia.