Hamon federalista? Nella conferenza stampa dedicata al programma europeo, ieri mattina alla Maison de l’Europe, il candidato del Ps alle presidenziali ha riesumato le tanto deprecate “F words”, praticamente considerate una parolaccia nella tendenza attuale della costruzione europea. Benoît Hamon, con l’aiuto dell’economista Thomas Piketty, in una quindicina di pagine lancia un appello “ai difensori dell’Europa”, proponendo una serie di riforme che riportino “la democrazia” nelle istituzioni. Un “rifiuto di continuare a costruire l’Europa contro i popoli e al tempo stesso di partecipare alla sua distruzione”, mettere “la barra alta in termini di ambizioni, ma non in termini di minacce” (allusione al piano B di Jean-Luc Mélenchon, cioè un Frexit). C’è urgenza, per Hamon, che parte dalla “constatazione” che la deriva liberista europea “non protegge più”, si è diffusa l’idea “vera o meno” che l’Europa ormai “rende più fragili” invece di rafforzare nella tempesta della mondializzazione. Di qui il successo della narrazione di estrema destra, del ritorno ai nazionalismi, che ha come possibile esito “la guerra”, ha affermato Hamon. La constatazione riguarda il fatto che le politiche di austerità sono un “fiasco, un nonsense”, che “la corsa alla crescita del pil ha portato pezzi interi della sovranità sotto il solo controllo di interessi privati”, diffondendo una mentalità da “società dei consumi, dove si confonde l’essere con l’avere”.

Al centro della proposta di questa “Road Map” della democratizzazione c’è la conclusione di un nuovo Trattato di bilancio (che sarà intergovernativo, quindi senza necessità di modificare quelli esistenti): significherà la fine del controllo dell’Eurogruppo e della trojka, sostituiti da un’assemblea parlamentare della zone euro. Questa assemblea – al massimo 400 seggi – sarà composta da parlamentari nazionali, eletti in proporzione al numero di abitanti (per esempio, 25 per la Germania, 20 per la Francia ecc.), un quinto dei rappresentanti proverrà dal Parlamento europeo. La governance della zona euro sarà nelle mani di questa assemblea. Hamon è fiducioso: ci sarà una maggioranza anti-austerità, che deciderà del budget della zona euro, delle politiche di armonizzazione fiscale e sociale (per esempio un tasso minimo comune di imposizione sulle società, che poi ogni stato potrà, se vorrà, aumentarlo). Sono previsti meccanismi per evitare che uno o due paesi blocchino la procedura. Ci sarà un bilancio comune della zona euro ed è prevista la mutualizzazione del debito pubblico al di là del 60%. In questo “vero e proprio New Deal europeo” Hamon pone in primo piano “la transizione ecologista”, compreso un progetto di grandi investimenti (fino a mille miliardi, con il contributo privato e il sistema di leva) a favore di un ambizioso piano energetico (energie rinnovabili, uscita dal petrolio e dal nucleare). Al programma di transizione energetica, Hamon aggiunge un progetto sulla difesa europea, diventata importante dopo il disimpegno Usa annunciato da Donald Trump. Le spese militari – come quelle per l’accoglienza dei migranti – dovranno essere tolte dal calcolo del 3% di deficit, che finirà di essere un parametro-feticcio.

Che accoglienza faranno gli altri stati, Germania in testa, a questo programma? A fine marzo, Hamon ha previsto un incontro a Berlino con Martin Schulz, lo sfidante Spd di Angela Merkel, per parlare di un progetto che superi l’abisso in cui si sta perdendo l’Europa, “diventata una somma di egoismi nazionali”. Hamon afferma di aver tratto la lezione del “fallimento di Tsipras”, che ha cercato una via di uscita, ma da solo (cita Huxley: sul poco profitto che le persone fanno delle lezioni della storia, come principale insegnamento della storia). Hamon ha criticato Emmanuel Macron, accusato di restare inchiodato alla gestione attuale degli affari europei, che ha portato al Brexit e potrebbe precipitare il progetto europeo a causa del rigetto che ormai solleva tra i cittadini. Ma anche Macron cerca alleanze nella Ue per un rilancio europeo: sarà ricevuto da Angela Merkel giovedi’ prossimo (la cancelliera nel 2012 aveva rifiutato di ricevere Hollande, mentre aveva accolto Sarkozy come di recente ha già ospitato François Fillon).