Condannata a morte per apostasia, non prima di aver subito l’umiliante punizione di 100 frustate: è la sentenza choc emessa ieri contro una donna sudanese, 27 anni, medico, madre di un bambino di 20 mesi e incinta del secondo. La sua colpa: aver sposato un cristiano. A Meriam Ibrahim è stata lasciata la scelta di rinunciare alla sua fede entro tre giorni, in cambio della vita. La donna ha rifiutato: “Sono cristiana”, ha detto in tribunale.

Immediata la protesta di comunità internazionale e organizzazioni per i diritti umani. Amnesty ha definito la sentenza “aberrante” e chiesto la liberazione immediata di Meriam.

Gli avvocati della donna hanno basato la difesa sulle sue radici cristiane: abbandonata dal padre, è stata cresciuta dalla madre ortodossa. Falsità secondo il tribunale, che le imputa una recente conversione al cristianesimo.

Il Sudan ha introdotto la shari’a, la legge islamica, come legge fondamentale dello Stato nel 1983, decisione inasprita dalla salita al potere nel 1989 a seguito di un sanguinoso colpo di Stato dell’attuale presidente Omar al-Bashir, condannato dalla Corte Penale Internazionale per crimini contro l’umanità per i massacri in Darfur. Oggi le sentenze corporali sono emesse anche per comportamenti ritenuti irrispettosi della shari’a: bere alcol, criticare l’Islam, commettere adulterio, tutti “crimini” punibili con la morte per impiccagione o lapidazione.

«L’interpretazione conservatrice della shari’a in Sudan è duramente criticata perché devia dai precetti islamici di tollerenza e uguaglianza – spiega l’associazione sudanese Muslim Women’s Coalition – Le donne godono di limitate risorse finanziarie, non possono essere titolari di proprietà o chiedere prestiti in banca; sono separate dagli uomini negli spazi pubblici».

Il caso di Meriam è l’ultimo di una lunga serie di abusi. E se è vero che da tempo nessuna condanna a morte per apostasia è stata applicata, è solo perché le vittime di Khartoum hanno ritrattato per aver salva la vita. «Il 98% della popolazione è musulmano e la costituzione riflette questo dato», aveva detto Bashir nel 2011 in un discorso all’Università di Khartoum. Eppure, sono oltre un milione i cristiani sudanesi (su 37 milioni totali), residenti per lo più nel Nord del Paese.

Una volta ancora la religione è usata a fini di controllo sociale e oppressione politica e il dittatore, questo, lo fa bene: obiettivo, tenere insieme un Paese ricchissimo di risorse naturali e dilaniato da anni di guerra civile e settarismi. Con islamizzazione della società, cancellazione delle libertà politiche e abolizione di partiti e sindacati, possibili oppositori del potere unico.