L’insediamento via mare del Governo di accordo nazionale (Gna) in Libia ha moltiplicato il caos. Il Consiglio presidenziale del governo unitario ha annunciato di aver formato un comando unificato per le operazioni militari a Sirte contro lo Stato islamico (Isis). La scorsa domenica il premier Fayez al-Serraj aveva chiesto un intervento Onu in Libia per mettere in sicurezza i terminal petroliferi in seguito al ferimento di Ibrahim Jadran, a guida della milizia Protection Guard che ha fin qui messo in sicurezza alcuni tra i pozzi petroliferi libici. La scorsa settimana, il centro della città di Derna era stato liberato dai jihadisti dell’Isis in un’operazione delle milizie legate ad al-Qaeda e Ansar al-Sharia.
E così le ultime mosse del Gna starebbero per concretizzare la spaccatura in quattro del paese (Cirenaica, Tripolitania divisa tra Cng e Gna, e deserto del Fezzan) che si era in parte profilata dopo il primo fallito tentativo del generale Haftar di raggiungere Tripoli. L’auto-proclamatosi capo delle Forze armate di Tobruk, Khalifa Haftar, vorrebbe entrare personalmente nel governo unitario pur di non essere marginalizzato dal consolidamento di al-Serraj che aveva incassato il via libera di alcune municipalità costiere, della Banca centrale e della Compagnia petrolifera nazionale (Noc), insieme al sostegno italiano e statunitense.
Ma a frenare Haftar ci ha pensato il sindaco di Ajdabia, Salim Jadran, il quale ha assicurato che non permetterà a nessuna forza militare ostile, inclusi i soldati di Haftar, di utilizzare i pozzi petroliferi come oggetto per negoziati politici. Qui si gioca il nodo centrale del futuro della Libia. Se il Cairo di Abdel Fattah al-Sisi, insieme al governo francese, non volessero abbandonare Haftar al suo destino, l’ex generale, usando i rinforzi arrivati dall’Arabia Saudita e dagli Emirati, potrebbe avviare manovre che renderebbero inutile il possibile voto di fiducia al governo di al-Serraj di una parte dei parlamentari di Tobruk.
A sottolineare questa spaccatura, continuano a circolare sui social network le immagini di una bandiera italiana bruciata per le vie di Bengasi proprio a stigmatizzare il disprezzo per l’appoggio di Roma al Gna. Il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, ha ribadito di non avere nessuna intenzione di inviare a breve centinaia di soldati. In ogni caso sarà necessario attendere un voto in sede Onu per avviare un’eventuale missione di peace-keeping. Gentiloni ha assicurato che se si dovesse rivedere l’embargo internazionale sulle armi in sede Onu, dovrebbe essere in favore del Gna di Tripoli e non di Haftar.
Lo scontro si concentra anche sulla vendita illegale di petrolio da parte delle municipalità costiere di Tobruk, vicine ad Haftar. Il Consiglio di sicurezza Onu ha dichiarato illegale la petroliera con il carico di greggio partito dal porto di Hariga e bloccata dalla guardia costiera maltese. L’ambasciatore libico all’Onu, Ibrahim Dabbashi, aveva presentato una richiesta formale alle Nazioni unite per preservare il carico di 350mila barili di petrolio. La nave Distya Ameyda, battente bandiera indiana, era salpata dal porto nell’est del Paese verso Malta su commissione della società Dsa Consultancy, con sede negli Emirati.
A complicare le cose, è arrivato un annuncio del Congresso nazionale generale (Cng). Se fino a ieri sembrava che i parlamentari di Tripoli si fossero ritirati a Misurata, lasciando insediare il Consiglio di Stato libico, presieduto da Abdul-Rahman Al-Swahili, a Tripoli, il Cng è tornato sui suoi passi confermando di essere ancora in piene funzioni. Non è chiaro dove si trovi Nuri Abu Sahmain, presidente del Cng, secondo molti riparatosi a Zuwara. Il Cng, seguendo le richieste del premier islamista, Khalifa Gweil, avrebbe presentato una mozione alla Corte suprema domandando di esprimersi sulla legittimità costituzionale del governo unitario di al-Serraj.
Infine, sono almeno nove i migranti egiziani e tre gli scafisti uccisi in uno scontro nella città di Bani Walid al confine tra Libia ed Egitto. Con l’insediamento di al-Serraj, Tobruk ha utilizzato anche la leva del ripristino dei flussi di migranti per boicottare il Gna.