Il generale Haftar è atteso nei prossimi giorni a Palazzo Chigi e viene anche accreditata una sua visita nelle prossime ore all’Eliseo. Il ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian ha spiegato che Macron vuole vederlo per perorare la richiesta dell’Ue alle parti in conflitto di accettare un cessate il fuoco immediato e una tregua senza condizioni per riprendere il dialogo.

Ma l’incontro con Conte e Macron suona come risposta definitiva alle richieste del suo rivale, il premier Fayez Serraj, di condannare la sua offensiva su Tripoli e chiederne il ritiro.

Haftar finora ha detto di non voler mettere fine all’avanzata «fino alla cacciata di tutti i terroristi che si nascondono nelle milizie». Lunedì sera la Camera dei rappresentanti di Tobruk – che lo sostiene – ha votato sì all’inserimento dei Fratelli musulmani nella lista delle organizzazioni terroristiche.

«I Fratelli musulmani libici – ha detto il deputato Yusuf Mohammed – hanno trattato con Ansar al Sharia e altri gruppi vicini ad al Qaeda nel Maghreb islamico che minacciano la sicurezza della Libia e la pace e la sicurezza internazionali». È stato quindi istituito un comitato per supervisionare la distribuzione dei proventi del petrolio e delle risorse statali «in accordo con l’Onu».

I parlamentari vogliono indagare sugli sprechi e la corruzione del Consiglio presidenziale, che fa capo a Serraj, e in particolare sull’erogazione di 2 miliardi e 4 milioni di dinari alle milizie. Il comitato sarà incaricato di studiare un nuovo meccanismo di divisione delle entrate petrolifere, mettendo di fatto sotto accusa il riparto del presidente della compagnia statale Noc Sanallah e dal governatore della Banca centrale Kabir, in quota alla Fratellanza.

Il segretario generale Onu, Antonio Guterres, si è detto molto preoccupato per il grande afflusso di armi in Libia, «anche via mare» in violazione dell’embargo Onu. Secondo il portavoce dell’esercito irregolare di Haftar Ahmed Mismari, le forniture a Misurata vengono dall’Iran e soprattutto dalla Turchia. Mismari sostiene che «la Turchia sta sperimentando le sue armi in Libia», inclusi droni.

Intanto il sindaco di Ein Zara, Abdel Wahid al Ballouq, protesta: il numero di sfollati dal sobborgo di Tripoli che amministra è pari a tre quarti della popolazione, oltre 300 case sono distrutte. Chiede lo scioglimento del comitato istituito da Serraj per aiutare la popolazione colpita dalla guerra: «Il comitato ha ricevuto molti fondi per le persone colpite nelle nostre aree, ma non abbiamo ricevuto nulla da loro. Non sappiamo dove sono andati tutti questi soldi».