Con alle spalle otto anni di guerra civile e oltre un mese di battaglia alla periferia sud della capitale, gli abitanti di Tripoli ieri, primo giorno del mese sacro di Ramadan, erano più preoccupati del rialzo del prezzo della carne di cammello per il mechoui – l’arrosto misto – sopra i 33 dinari al chilo che dei combattimenti alle porte della città.

In un servizio di Al Jazeera si vedevano famiglie in coda nei supermercati a fare la spesa per la cena e banchi di frutta e verdura aperti sulla strada di Salah al Din, a una decina di km dal centro, lambita dagli scontri a fuoco. E i sanitari della Mezzaluna rossa intenti a portare provviste ai residenti intrappolati in casa dagli spari. Il generale Khalifa Haftar domenica ha lanciato il video-discorso «Determinazione e forza» in cui chiarisce che l’offensiva continuerà – con maggior sforzo (jihad) verso la risoluzione – nel mese che i musulmani dedicano a pietà e perdono.

Il discorso, punteggiato da riferimenti religiosi e patriottici, ricorda precedenti battaglie vittoriose a Derna e a Bengasi proseguite durante le feste. Dopo aver bombardato il quartiere generale avversario, ha affermato di aver chiuso la prima fase della battaglia ma solo per aprirne una seconda, più intensa e cruenta, ed eventualmente una terza. È la risposta alla richiesta della missione Onu (Unsmil) di una tregua per il Ramadan e la consegna di aiuti.

Il premier del cosiddetto governo di accordo nazionale Fayez Serraj ha intrapreso un tour europeo: prima tappa a Roma dove avrebbe dovuto incontrare già ieri sera Giuseppe Conte. Il faccia a faccia – Serraj tornerà a chiedere conto all’Italia della recente mancanza di supporto – è slittato a oggi. Al seguito, una folta delegazione militare che intende incontrarsi con i responsabili della Difesa.

Serraj stesso vorrebbe vedere, oltre a Conte e al ministro degli Esteri Moavero Milanesi, anche la ministra della Difesa Trenta. Poi la delegazione proseguirà per Berlino, dov’è previsto un colloquio con Angela Merkel, quindi arriverà domani a Parigi per un delicato rendez-vous con Emmanuel Macron che solo recentemente elargisce dichiarazioni di appoggio al governo riconosciuto dall’Onu ma che ha sempre sostenuto principalmente Haftar.

Il tempo non gioca a favore di Serraj e delle milizie che ha a libro paga. Le truppe di Haftar, l’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna), possono attingere rinforzi dalla Cirenaica, hanno linee di rifornimento anche via mare e i tentativi di minare le recenti conquiste strategiche nel Fezzan sono stati sconfitti. In un mese i morti sono oltre 430, di cui 58 civili (due medici e 13 bambini). Due bambini sono deceduti sotto i raid domenicali dell’Lna a Wadi Rabie.