Come spesso i despoti, il generale libico Belqasim Kalifa Haftar ha un’espressione stereotipata scolpita in volto che si adatta molto bene come maschera del potere dai molti travestimenti. Così, mentre l’anno scorso si faceva vanto di indossare pesanti cappelli di pelo con le orecchie nei suoi ricorrenti viaggi a Mosca a convegno con gli alleati russi, ora fa mostra di sè, con quella stessa faccia inespressiva, circondato da emiri in veste bianca e kefia, i suoi nuovi sponsor.

L’uomo forte della Cirenaica, che si propone di governare la Libia e si dice pronto anche a fermare per conto dell’Italia e dell’Europa il flusso di migranti sulla rotta del Mediterraneo, era infatti in visita ieri al Dubai Air Show, sua terza visita negli Emirati arabi uniti negli ultimi sei mesi.

Contro di lui, proprio ieri mentre era a Dubai, un pool di avvocati europei dei diritti umani con base a Londra, lo studio intitolato «Guernica 37» in memoria del primo bombardamento a tappeto di una città durante la guerra civile spagnola, ha presentato una richiesta di avvio di indagine penale per crimini di guerra. I legali chiedono al Tribunale dell’Aja che Haftar sia messo sotto accusa per stragi intenzionali di civili, omicidi, torture e deportazioni.

Ma niente lascia pensare per il momento che l’iniziativa dello studio Guernica 37 avrà un esito in termini brevi. La procuratrice delll’Icc, la stessa Fatou Bensouda che in estate presentò un vero e proprio atto d’accusa contro le milizie che continuano a combattersi e a contendersi il contrabbando di migranti e petrolio, ha appena presentato la sua nuova relazione sulla Libia, nella quale si ricordano i mandati di cattura spiccati dall’Aja nei confronti del generale gheddafiano Senussi, del secondogenito del Colonello Saif Al Islam Gheddafi per crimini commessi durante la guerra civile del 2011 e nei confronti del generale Mahmoud al Werfalli al comando delle forze speciali di Haftar per l’assassinio di 33 prigionieri legati. Un episodio, questo, che non risale alla guerra ma a tempi molto più recenti: l’anno scorso.

La procuratrice menziona Haftar solo per i suoi ringraziamenti al Tribunale internazionale dell’Aja, ma ricorda anche che tutti e tre i ricercati dall’Icc dovrebbero essere consegnati dallo stesso Haftar. E le accuse dello studio legale di Londra, anche se meno precise, si riferiscono agli stessi uomini e alle stesse circostanze.

Nel frattempo i partner che l’Italia si è scelta per fare il lavoro sporco che prima della guerra faceva Gheddafi – fermare i migranti – sono sempre più in difficoltà. Il portavoce della Guardia costiera del governo Serraj, Ayoub Qasem, annuncia da Tripoli tramite l’agenzia di stampa italiana Nova che dall’anno che viene, «in mancanza di aiuti economici», il personale impegnato sulle coste nella caccia ai barconi verrà radicalmente diminuito. Qasem sostiene di non avere mezzi sufficienti per salvare i naufraghi e accusa le ong come Sea Watch di intromissione e mancanza di collaborazione.