Nella mediazione politica sull’organico del prossimo governo Biden, una delle principali richieste dell’ala progressista era stata la nomina della parlamentare del New Mexico Deb Haaland a Secretary of the interior. Nel governo americano la posizione non corrisponde al ministero dell’interno (non ha – ad esempio – delega su sicurezza ed immigrazione) ma designa il dicastero preposto alla gestione delle terre federali corrispondenti a circa un quinto del territorio nazionale.

IL MINISTERO ha quindi giurisdizione, attraverso il bureau of Indian affairs, anche sulle popolazioni a cui quelle terre sono state sottratte. E Haaland, la cui nomina è stata confermata ieri da Biden, diventa ora la prima nativa americana a ricoprire la carica.

L’Interior è molto più di quella che potrebbe sembrare una semplice burocrazia demaniale. Il BIA, istituito nel pieno delle «guerre indiane», è stato storicamente l’organo per amministrare le riserve e le popolazioni native sottomesse e la lunga scia di ingiustizie travestite da sussidi federali cui sono state sottoposte.

Il ministero amministra inoltre territori protetti e parchi nazionali, tutela fauna e flora a rischio e rilascia le licenze minerarie e petrolifere per i territori federali e offshore, lo sfruttamento commerciale cioè delle risorse molte delle quali si trovano proprio su territori protetti e riserve.

TUTTO QUESTO ASSEGNA al ministero un peso simbolico direttamente collegato alla parabola storica del paese, alla conquista della frontiera e allo sfruttamento capitalista delle risorse assegnate dal «destino manifesto». Il che lo rende anche il dicastero forse più direttamente connesso ad alcuni contenziosi originari. Non a caso i ministri che hanno ricoperto questa carica si sono spesso trovati al centro di polemiche politiche. Sotto Reagan, ad esempio, il ministro James Watt era stato punta di diamante della sistematica decostruzione delle protezioni ambientali istituite nei decenni precedenti, promossa dall’onda reazionaria e «confindustriale».

UN’OPERA CHE TRUMP ha tentato di completare assegnando la carica a Ryan Zinke, ex Navy seal, speculatore e petroliere che ha aperto l’accesso a cacciatori e trivelle, decurtando parchi nazionali come lo Staircase Escalante in Utah, con i suoi insediamenti ancestrali Hopi e per ultima la riserva naturale artica, decretata nuova frontiera dei giacimenti petroliferi che custodisce il suo sottosuolo.

Per tutto questo – per lo sfruttamento di risorse come l’uranio minato sulle riserve Navajo in Arizona e recentemente la costruzione dell’oleodotto Dakota Access su terre Sioux – il department of the interior è stato da sempre il dicastero che più direttamente esprime alcune tematiche fondanti della nazione legate alla conquista continentale e le storiche ingiustizie connesse.

ORA A DIRIGERLO ci sarà un membro della tribù Pueblo. Haaland è cresciuta a Mesita, vicino ad Albuquerque, in un Pueblo, gli antichi borghi tribali che sono fra i luoghi più antichi ed unici del continente nordamericano. Gli Indiani Pueblo sono popolazioni agricole e stanziali, a differenza di vicini nomadi Apache, discendenti degli Anasazi, violentemente sottomesse dalla conquista spagnola già nel 600 e vittime successivamente della pulizia etnica cui sono stati sottoposti i nativi.

UNA STORIA che ingigantisce l’importanza simbolica della nomina di Haaland che per la prima volta porterà al ministero il bagaglio culturale degli «sconfitti» e potrà influire direttamente sul processo di elaborazione e rettifica storica che rimane cruciale ed incompiuto processo della parabola nazionale e di una necessaria riparazione se l’America vorrà avanzare la riconciliazione così bruscamente interrotta dal nazionalismo suprematista di Donald Trump.

Ed è un segnale importante, forse, per ciò che di meglio promette di poter fare l’amministrazione Biden: saldare temi di giustizia sociale ed economica sotto la rubrica della riforma ambientale.