Mite e fermo. E mai sopra le righe. Sandro Plano non è tipo da toni accesi o roboanti comunicati. Contrario al Tav, cattolico del Pd, ex democristiano, ma senza quel realismo pilatesco che caratterizzava i politici della Balena bianca, è uno che non si è mai sottratto dal dire cose scomode, dal prendere una posizione. Bene, il Pd piemontese vuole che venga espulso dal partito. Motivo? Lunedì ha giudicato «sproporzionata» l’accusa di terrorismo nei confronti di dodici attivisti No Tav indagati dalla Procura di Torino e, per dirlo, ha convocato una conferenza stampa presso la sede della comunità montana Valle Susa e Val Sangone, di cui è presidente, dopo essere stato sindaco di Susa per dieci anni.
«È un atto di inaudita gravità politica e di inaccettabile irresponsabilità istituzionale. Plano persiste nell’utilizzare l’ufficio di presidente della comunità montana e la sua iscrizione al Partito democratico per offrire copertura politica all’ala violenta e militare del movimento, agli organizzatori e agli esecutori materiali delle aggressioni nei confronti del cantiere di Chiomonte, delle imprese e dei lavoratori che vi operano, delle forze dell’ordine chiamate a difenderlo» hanno tuonato i segretari regionale e torinese del Pd Gianfranco Morgando e Alessandro Altamura. Poi, hanno aggiunto: «Riteniamo necessaria ed urgente una valutazione da parte delle commissioni di garanzia circa le implicazioni di natura statutaria determinate dalle iniziative di Plano».
Le reazioni sono arrivate puntuali come un orologio, non hanno stupito il presidente Plano, che – ribadisce – non ha nessuna intenzione di dimettersi: «Sono convinto – dice al manifesto – che il mio partito stia attraversando una grossa crisi di identità. L’alleanza con il Pdl provoca strani effetti e lo porta a propendere per il pugno duro contro la libertà di pensiero. Un partito che dovrebbe essere democratico e quindi garantista sta andando verso destra. Io, invece, rimango convinto delle ragioni ideali del Pd, l’unione tra il pensiero cristiano e il socialismo democratico». E sulle accuse di copertura politica della violenza? «Non dovrei più ripeterlo, ho sempre detto di essere contrario alla violenza da ogni parte provenga e, pure, all’illegalità. Ma non si può equiparare l’illegalità al terrorismo. Dare fuoco a un compressore non è tentato omicidio, è teppismo». Sulla stessa lunghezza d’onda anche Federico Bellono, segretario Fiom Torino, Pietro Passarino, segreteria regionale Cgil: «Ridurre la lotta contro il Tav a una questione di ordine pubblico e addirittura parlare di terrorismo serve solo a coprire il fallimento politico ed economico delle forze, che sostengono l’alta velocità».
Pochi minuti dopo l’incriminata conferenza di lunedì è arrivato il «fuoco poco amico» del compagno di partito Stefano Esposito, da sempre sostenitore dell’opera, che a ogni piè sospinto chiede la cacciata dal partito di Plano: «È giunto il momento di riconoscere a Plano e compagni che hanno ragione: non esistono No Tav buoni e No Tav cattivi. Quelli che restano, evidentemente, hanno scelto di stare dalla parte degli accusati di terrorismo e contro la magistratura. A nome mio e dei tanti iscritti e militanti del Pd che rispettano sempre l’operato dei magistrati e la rigorosa applicazione della legge, mi scuso con la Procura di Torino per le parole espresse da singoli iscritti che, evidentemente, con il Pd non hanno nulla a che vedere». Il senatore torinese solo pochi giorni fa aveva chiesto le dimissioni di Laura Puppato e Pippo Civati, rei, tra l’altro, di non essere allineati sulla questione Tav. In caso contrario se ne sarebbe andato via lui. Per la cronaca, tutti e tre sono ancora nel Pd.
I democratici del Piemonte, un anno fa, espulsero gli amministratori di Avigliana contrari all’opera, compresa l’ex sindaco Carla Mattioli. Giorgio Merlo, ex parlamentare Pd, chiede lo stesso provvedimento per Plano: «Un partito come il Pd, da sempre favorevole all’opera, adesso non può più aggirare la scelta che deve assumere nei confronti di chi sostiene tesi discutibili». Sandro Plano non arretra e si dice pronto a querelare chi insisterà sulla sua presunta approvazione di azioni violente. Chiede la libertà di dissentire.