«È possibile credere che tutto il passato non sia che l’inizio dell’inizio, e che tutto ciò che è e che è stato non siano che le prime luci dell’alba. È possibile credere che tutto ciò che la mente umana abbia mai conquistato sia solo il sogno prima del risveglio. (…Però) Tutto questo mondo è pieno di promesse di cose più grandi, e verrà il giorno, un giorno in una successione infinita di giorni, in cui gli esseri, esseri che oggi sono latenti nei nostri pensieri e nascosti nelle nostre menti, si innalzeranno su questa terra come possiamo ergerci su uno sgabello, e ridendo tenderanno le loro mani verso le stelle».

È il 1902 quando H. G. Wells, lo scrittore britannico cui si devono opere fondamentali per il successivo sviluppo della fantascienza come La macchina del tempo (1895), La guerra dei mondi (1896) o L’isola del dottor Moreau (1896), pronuncia una lecture presso la Royal Institution of Great Britain che sarà pubblicata di lì a qualche mese su Nature e, in seguito, sull’Annual Report dello Smithsonian Institution. Si tratta di La scoperta del futuro, un testo pubblicato ora per la prima volta nel nostro Paese per inaugurare la collana Nautilus della Luiss University Press (a cura di Simone Arcagni, pp. 76, euro 10, traduzione di Andrea Daniele Signorelli).

NOTO PER LE SUE OPERE «di fantasia», Wells vuole in quell’occasione proporre le proprie analisi in un contesto scientifico, nel pieno di una stagione dove lo sguardo sull’avvenire si intreccia con le profonde trasformazioni che attraversano la stessa società britannica. Il testo proposto non fa perciò riferimento ai miti o all’eredità della Storia, ma tende a stimolare una riflessione sull’avvenire. O meglio su come lo sguardo dell’umanità possa muovere dal presente, e dal passato, verso il futuro.

IL PASSATO, spiega in particolare Wells, non può offrire le risposte ai nuovi interrogativi che il mondo pone costantemente davanti agli esseri umani, ma essere piuttosto lo stimolo a partire dal quale si possono esplorare gli spazi e le possibilità nuove che il futuro contiene senza dubbio.

«La nostra ignoranza del futuro, e la nostra persuasione che questa ignoranza sia assolutamente incurabile, basta a dare al passato la sua enorme prevalenza nei nostri pensieri», sottolinea lo scrittore prima di aggiungere però come in tutte le epoche storiche ci siano state figure, talvolta i soli «indovini», così affini allo «spirito della scienza moderna» che non hanno smesso di interrogarsi su quanto ci attende oltre il limite di ciò che siamo disposti ad immaginare. In tale prospettiva, questa indagine può diventare reale.

L’autore di mondi ipotetici e di distopie che la Storia si sarebbe poi incaricata di rendere concrete non faceva mistero che quel momento, all’inizio del Novecento fosse finalmente arrivato. «Devo confessare di credere abbastanza fermamente che una conoscenza induttiva di un gran numero di cose del futuro stia diventando una possibilità dell’essere umano. Credo che si stia avvicinando il momento in cui sarà possibile proporre una sistematica esplorazione del futuro».