Cultura

György Lukács, quel rapporto fecondo e vivo con la società

György Lukács, quel rapporto fecondo e vivo con la societàIl filosofo György Lukács nel suo studio di Budapest

Percorsi Una biografia e un inedito dello storico e filosofo ungherese. Nella critica dello stalinismo metteva in evidenza il ruolo di ogni singolo individuo rispetto allo Stato. Lo studioso proponeva un’idea diversa di socialismo che avrebbe preso forma a partire dal concetto di «democrazia della vita quotidiana»

Pubblicato circa 2 mesi faEdizione del 8 agosto 2024

Una biografia intellettuale di Lukács in italiano non esisteva. Antonino Infranca provvede a colmare la lacuna con un lavoro ricco e articolato, frutto di anni di ricerca e di studio intorno al pensiero e alla vita del filosofo ungherese, integrandolo con la traduzione di due saggi inediti in Italia (A. Infranca, Etica e politica in Lukács, Introduzione di M. Vedda, Punto Rosso, pp. 517, euro 28; G. Lukács, Critica dell’ideologia fascista, Punto Rosso, pp. 324, euro 24).

La monografia di Infranca ruota intorno al tema del presunto stalinismo di Lukács. A tal proposito, non assume una posizione assolutoria a priori, ma articola il ragionamento fornendo rimandi continui a documenti che consentono a chi legge di trarre conclusioni ponderate.

ATTRAVERSO LA CONTINUA sovrapposizione di pensiero e vita, attraverso la considerazione delle scelte da compiere nei momenti in cui la storia le riteneva necessarie, l’autore spiega i rapporti (sarebbe meglio dire i non rapporti) di Lukács con Stalin e la sua politica, prendendo nettamente le distanze da tutti quegli intellettuali che, mettendo insieme il dittatore georgiano e il socialismo, mentre sottoponevano a critica il primo, contemporaneamente rigettavano anche il secondo. Stalin e il socialismo, sostiene Infranca, sono due cose diverse e distanti così come lo erano per il filosofo ungherese che si pose dal punto di vista del socialismo.

Quale fu l’atteggiamento di Lukács nei confronti dello stalinismo? Fu un «onesto dissimulatore» alla maniera di Croce nei confronti del fascismo? Resta il fatto che il filosofo ungherese (rispetto a quello italiano che andava indisturbato a incontri internazionali mentre altri intellettuali finivano in galera, al confino o randellati e ammazzati dagli squadristi) fu sottoposto ad interrogatorio dalla polizia stalinista.

Nella sua critica dello stalinismo, il filosofo marxista propone come pars construens di un socialismo diverso rispetto a quello fino a quel momento realizzato il concetto di «democrazia della vita quotidiana», con il quale opera la sintesi di democrazia socialista e di democrazia politica individuando non tanto quell’insieme di norme e di regole che garantiscono il potere di intervento dei cittadini nella vita politica, quanto il rapporto vivo e attivo che ognuno intrattiene con la società entro la quale vive e che ha il suo elemento distintivo nel contenuto umano rappresentato da ogni singolo individuo che fa parte di quella specifica formazione economico-sociale.

Le grandi opere dell’ultimo Lukács, specialmente l’Estetica e l’Ontologia dell’essere sociale, sono il documento esplicito di cosa il filosofo intendesse con quello che in Italia è stato definito il nesso democrazia-socialismo e rappresentano, come ricorda Infranca, «il fondamento di una teoria socialista» come ribadito nel Testamento politico, «ultimissimo scritto di Lukács» del febbraio 1971.

IL PRIMO DEI DUE SAGGI lukácsiani tradotti da Infranca si intitola Come la filosofia fascista si è sviluppata in Germania? e risale al 1933, nel clima del socialfascismo deciso dal VI Congresso dell’Internazionale, tollerato dal filosofo che si era già pronunciato, con le Tesi di Blum del 1928, in controtendenza con quelle che saranno poi le posizioni dell’Internazionale. In questo primo saggio del volume Lukács dimostra come, a suo parere, l’ideologia nazista non sia il semplice frutto di un movimento nato in una birreria di Monaco di Baviera quanto piuttosto l’esito di un progressivo atteggiamento della borghesia tedesca che, sotto il possibile verificarsi di una rivoluzione proletaria, si collocò sul terreno del nazismo accettandone i presupposti ideologici in quanto molto prossimi ai suoi.

In questo, la responsabilità degli intellettuali fu decisiva, come decisivo fu l’articolo 148 della Costituzione di Weimar che nascondeva le tradizioni democratiche tedesche dietro espressioni come «spirito del germanesimo» e «riconciliazione dei popoli», favorendo, di fatto, la crescita di un’educazione che spacciava per ordinamento democratico ciò che della democrazia era il contrario, ossia una struttura gerarchica piramidale nella quale un Capo, un Führer dà ordini ai suoi seguaci. Questo, per il filosofo, è il risultato raggiunto da quello che definisce «l’irrazionalismo in Realpolitik» identificato come padre filosofico e politico del socialfascismo.

IL SECONDO SAGGIO, Come la Germania è diventata il centro della filosofia reazionaria?, fu scritto nell’inverno del 1941-42 a Taskent, dove il filosofo ungherese era stato evacuato per timore di una resa di Mosca. Alcune delle argomentazioni qui svolte confluirono nel primo capitolo de La distruzione della ragione (1954) e, così come sarà in questo grande e discusso libro, il bersaglio filosofico di Lukács è Nietzsche. Il filosofo di Röcken rappresenta il vessillifero della tradizione della borghesia tedesca che si adagia sul proprio stato di autocompiacimento e a lui Lukács contrappone Goethe e Hegel, ossia i rappresentanti dell’umanesimo classico tedesco che diventano le stelle comete del percorso politico e intellettuale lukácsiano.

L’ideologia nazista è l’esatto opposto e Lukács ne coglie la specificità quando essa pretende di spiegare la storia come esito di una manovra ebraica, il prodotto della lotta fra le razze o l’effetto di una loro mescolanza facendo della razza un mito, o meglio, rendendo un mito la superiorità di una razza, quella ariana, che diventa «il criterio di tutte le azioni, di tutta l’esistenza dell’essere umano».
La monografia di Infranca e la traduzione dei due saggi di Lukács forniscono un ritratto per molti versi originale e di notevole spessore di uno dei protagonisti della scena intellettuale, culturale e politica del secolo scorso mettendo in evidenza come dalle particolari prese di posizione sortisca un’immagine di coerenza e di compiuta consapevolezza dei destini dell’umanità e del socialismo come orizzonte ultimo di una necessaria convivenza.

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