Come ci ha giustamente ricordato Luciana Castellina in occasione del Migranti Film Festival di Pollenzo, «la migrazione non è emergenza ma una caratteristica del nostro secolo». Viviamo in un’epoca che non conosce precedenti storici in termini di migrazioni, causate dalla crisi climatica, dal land grabbing e dalle guerre in corso, che obbligano migliaia di persone a lasciare le proprie case in cerca di un futuro migliore. Un fenomeno che crea anche problemi, ma non va dimenticato che le persone che si muovono arricchiscono i territori di arrivo dal punto di vista religioso, etnico, culturale e gastronomico.

Con l’obiettivo di promuovere il dialogo e l’incontro attraverso il linguaggio del cibo nasce il progetto Le Ricette del dialogo: cibi e storia per l’intercultura e l’integrazione, promosso dall’associazione LVIA con Slow Food, Renken onlus, le comunità africane Panafricando e Asbarl, la Cooperativa Colibrì, la Città di Torino, la Regione Piemonte e il contributo dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.
Il Piemonte è da sempre terra di migrazioni e conta una popolazione straniera residente pari al 9,5%, percentuale superiore alla media nazionale dell’8%.

Le attività, che hanno coinvolto migranti provenienti da oltre 30 Paesi, testimoniano proprio quanto riscontrato dalle ricerche del Censis, che riconoscono il cibo come veicolo di contaminazione e conoscenza, di crescita economica e occupazione. E applicando concretamente il detto arabo che dice non conosci realmente una persona finché non mangi con lei, il progetto ha organizzato incontri con le scuole, feste di comunità e seminari per aiutare i migranti a mettere in piedi attività imprenditoriali che promuovono il cibo come strumento di dialogo, come ad esempio i ristoranti in casa, in cui assaporare piatti di culture diverse entrando in contatto con la quotidianità di queste persone. Le ricette sono racchiuse ne Le ricette del dialogo. Storie e cibi di una società inclusiva (disponibile su https://www.fondazioneslowfood.com/it/pubblicazioni/), che più che un ricettario è la descrizione del viaggio di persone e di comunità che sono arrivate qui in Italia e hanno avuto l’opportunità di incontrarsi e raccontarsi attraverso il cibo. Qui troviamo la storia di Ana Cecilia Ponce, originaria del Perù, che ci insegna a preparare la Causa Limena, piatto diventato popolare nell’800 in occasione della guerra che il Paese dovette affrontare con il Cile. In quel periodo le donne della capitale peruviana, las limenas, la preparavano e invitavano la popolazione a comprarla per sostenere la causa e aiutare economicamente i soldati che presidiavano il fronte. Insomma, un vero simbolo di resistenza popolare e femminile. Dalla Guinea Bissau invece Ibraima Djalo ci presenta una cucina che nasce dalla contaminazione fra la tradizione locale e la gastronomia portoghese. Ibraima ci propone le Fritelle fijos, un dolce a base di zucca servito con miele o cocco che gli ricordano un piatto preparato periodicamente dalla mamma. Tradizionalmente sono preparate dalle donne e vendute nei campi di kaju (anacardi), nelle scuole o durante gli eventi sportivi.

Insomma, un progetto che racchiude integrazione, sapori e saperi da tutto il mondo, per insegnarci a non guardare con sospetto e ad apprezzare le culture differenti che incontriamo per strada e a scoprire le loro ricchezze.