È armistizio, per adesso. La “guerra” del tricolore tra il sindaco de L’Aquila, Massimo Cialente, e i palazzi romani si chiude con un pugno di promesse.

«I rappresentanti del Governo – spiega il consigliere comunale di maggioranza Enrico Perilli, di Rifondazione – hanno assicurato che entro lunedì, o al massimo martedì prossimo, arriveranno i 225 milioni di euro stanziati con l’ex delibera Cipe del dicembre 2012. E che, entro venti giorni, dovrebbe essere messa a disposizione anche la seconda tranche dei fondi, altri 500 milioni. Non siamo assolutamente soddisfatti – continua l’esponente di Prc – perché, per seguire il cronoprogramma del comune per la ricostruzione, abbiamo chiesto un miliardo e mezzo per cinque anni. Se ci daranno queste somme, avremo appena 750 milioni. E il resto? Mah… Comunque, se occorre, torneremo in piazza a protestare».

«Il Governo è arrabbiato con me: mi ha chiesto di avere fiducia – tuona Cialente tra i banchi di un caldo consiglio comunale – . Ho risposto che voglio crederci anche questa volta, ma ritengo che dobbiamo vedere cosa succede in una settimana».

L’ira al momento è placata, le dimissioni vociferate da più parti s’allontanano. E il tricolore potrebbe addirittura nelle prossime ore tornare a far capolino in municipio. Nei giorni scorsi il primo cittadino aveva scritto una lettera a Napolitano: «Riconsegno nelle Sue mani, Signor Presidente della Repubblica, la fascia tricolore. Le comunico che lo abbiamo deciso come Giunta. Che venga lo Stato a spiegare ai cittadini le sue logiche e le sue scelte. Noi qui stiamo letteralmente crepando. Non mi rassegno e non sopporto più l’idea che gli incartamenti relativi ai nostri finanziamenti possano stare per mesi fermi su una scrivania, ricevendo lo stesso trattamento che viene riservato a qualsiasi altra pratica alla quale tocca subire l’inefficiente burocrazia del Paese.

Sono quattro anni – prosegue la missiva – che la ricostruzione non parte, quattro anni che la Città, uno dei centri storici più importanti d’Italia, è deserta, distrutta. Muta testimonianza dell’inefficienza del sistema Paese… Dal mese di ottobre sono finiti i soldi. Dal mese di ottobre i cantieri che erano aperti hanno dovuto sospendere i lavori ed oltre duemila progetti, pari ad oltre 300 grandi condomini e 60 aggregati, aspettano solo il finanziamento per poter riprendere l’attività di ricostruzione. Dietro a questi numeri vi sono migliaia di famiglie che attendono».

A queste parole è seguita la diffida del prefetto Francesco Alecci che ha chiesto a Cialente di riprendere possesso della fascia tricolore e di far riposizionare «senza indugio» la bandiera italiana nelle sedi comunali, perché i suoi atteggiamenti sono «potenziali turbative all’ordine e alla sicurezza pubblica».

La replica del capo della giunta: «Sono allibito, così si trattano i mafiosi. Come denuncio da mesi, inascoltato, questa città è ormai una polveriera di rabbia, disperazione, scoramento. Se ancora viene un minimo mantenuto l’ordine pubblico, lo si deve ad uno spirito istituzionale che ad altri manca». Quindi l’incontro di ieri a Palazzo Chigi ed ecco una mezza… pace.

«Vediamo ora cosa succede – dichiara Cialente in aula – Sono convinto, però, che se non partiamo con i cantieri entro giugno la situazione si farà più drammatica. Il vice ministro Bubbico mi ha detto che inserirà L’Aquila nella discussione di un decreto sulle emergenze ambientali ed altre misure urgenti, il cui percorso inizierà la settimana prossima in Senato. Mi rendo conto di aver fatto un’ altra forzatura con la storia del tricolore, tuttavia, se ci riflettete, per voler ottenere qualcosa, ogni volta siamo stati costretti a forzature. Il blocco dell’autostrada, le carriole, persino le botte a Roma. Eppure ci siamo fidati sempre.

Io oggi mi aspettavo delle scuse dal Governo per la reprimenda del prefetto. Le scuse non sono arrivate. Anzi sono stato pregato di rimettere le bandiere. Non so se lo faremo, non torno sui miei passi. E’ arrivato il momento di farsi sentire, di nuovo, e mi aspetto che saremo compatti ed uniti».