Sono passate due settimane dall’inizio della «guerra lampo» tra governo federale etiope e Tigray. E nonostante l’interruzione dei collegamenti stradali, telefonici e di internet sono arrivate da entrambi i lati e da media indipendenti informazioni che permettono un primo bilancio.

27MILA PERSONE sono fuggite in Sudan passando attraverso i varchi di frontiera di Hamdayet, Lugdi e Abdarafi. Un terzo sarebbero eritrei che risiedevano nei 4 campi profughi Onu del Tigray che complessivamente ospitavano 96mila persone. Secondo il sacerdote eritreo Mussie Zerai dell’agenzia Habeshia «la metà sono minori non accompagnati che proseguiranno verso la Libia». Il portavoce dell’Unhcr Babar Baloch ha spiegato che stanno arrivando in Sudan 4mila rifugiati al giorno e avverte che «si sta verificando una crisi umanitaria su vasta scala».

Amnesty international ha denunciato il massacro di 500 civili nella cittadina di Mai-Kadra, sarebbero tutti Amhara uccisi dall’esercito tigrino. Un secondo massacro sarebbe avvenuto a Zalambessa dove i morti sarebbero 56, tutti tigrini uccisi dall’esercito federale. Ma sono entrambe versioni da confermare. Uccisi anche 34 civili che viaggiavano su un bus nella regione di Benishangul-Gumuzs secondo una denuncia dell’Ethiopian Human Rights Commission (Ehrc).

Le forze del Tigray People Liberation Front (Tplf) hanno poi lanciato razzi contro l’aeroporto di Asmara in Eritrea e contro gli aeroporti di Gondar e Bahir Dar nella regione etiope Amhara, che secondo il presidente del Tigray, Debretsion Gebremichael, sono da considerare «bersagli legittimi» perché da questi scali partirebbero gli aerei che bombardano il Tigray.

SUL FRONTE ETIOPE il governo di Abiy Ahmed avrebbe iniziato a ritirare i primi 600 uomini dal contingente stanziato in Somalia, dove gli etiopi sono parte di due diverse missioni internazionali. Per ora non è coinvolto il contingente schierato nell’Amisom, la missione anti-Shabaab, ma un’evoluzione in questo senso non può essere esclusa.

Sul piano militare il Tigray ha dalla sua le forze speciali regionali del Tigray che conterebbero almeno 20mila militari, un corpo di forze speciali di 250mila persone e poi metà dei soldati delle cinque divisioni del Comando settentrionale delle Forze di difesa nazionale etiopi (Edf), indicativamente altri 15mila soldati. Tuttavia, ha una debolezza logistica perché ha un unico confine da cui rifornirsi di carburante, munizioni e cibo. E qui potrebbe aprirsi un’altra partita: il Sudan potrebbe usare la minaccia del sostegno al Tigray per il contezioso legato alla diga sul Nilo (Gerd). Ma rischierebbe di aprirsi un effetto imprevedibile dove l’Etiopia potrebbe a sua volta sostenere militarmente gruppi ostili al governo sudanese (e l’Eritrea potrebbe fare altrettanto).

SUL PIANO DIPLOMATICO, a parte vari e autorevoli appelli, si è mosso il presidente dell’Uganda Museveni, ma per il premier etiope i colloqui non possono iniziare finché il Tplf non sarà completamente disarmato. Anche perché «le operazioni sono arrivate in una fase finale». Il portavoce del governo etiope Redwan Hussein, ha spiegato che «la mediazione a questo punto incentiverebbe solo l’impunità». Intanto è scaduto l’ultimatum di tre giorni lanciato ai miliziani del Tplf per arrendersi. Abyi Ahmed ha ringraziato coloro che ne hanno approfittato, dopodiché è prevedibile un attacco aereo su larga scala volto a prendere la capitale Makallè.

ABIY AHMED È UN MILITARE, Debretsion Gebremichael anche è un militare; la vita delle persone continua a essere una questione troppo seria per essere lasciata nelle mani dei Generali (anche in Etiopia).