In questi giorni, sono stati versati fiumi d’inchiostro e lacrime per ostentare dolore verso la tragedia dei rifugiati siriani, che attraversano il mare o salgono su un camion frigorifero in cerca non di una vita dignitosa, bensì della mera sopravvivenza, dopo che forze interne ed esterne alla Siria, in buona o in malafede, hanno tramato per distruggere il loro Paese e uccidere centinaia di migliaia di loro connazionali.

 

Ma la cosa più divertente è che gli Stati Arabi, in particolar modo quelli del Golfo, che attraverso i loro potenti canali mediatici e imperi televisivi ci hanno ribadito incessantemente il loro appoggio incondizionato al popolo siriano e la loro determinazione a liberarlo dalla morsa del tiranno (il Presidente Assad), promettendo stabilità e prosperità mentre sborsavano miliardi di dollari per armarne le opposizioni, nella maggior parte dei casi non hanno accolto neanche uno dei rifugiati. Hanno chiuso le frontiere, voltando loro le spalle.

 

Gli Stati poveri, indigenti e malandati, strozzati dal debito e da deficit di bilancio, come la Giordania, il Libano e l’Egitto, hanno accolto centinaia di migliaia, talvolta milioni di rifugiati, sebbene spesso non abbiano acqua a sufficienza neanche per i propri cittadini, figuriamoci per placare la sete dei profughi. Questi Paesi hanno aperto loro il cuore, dimostrando compassione per le loro sciagure, mentre gli Stati Arabi, con centinaia di miliardi di dollari nei loro fondi sovrani, si sono rifiutati di farlo, scegliendo una posizione che cozza apertamente con i valori di solidarietà tra Arabi, dell’Islam, della nobiltà e della pietà.

 

Da parte sua, l’Europa ha accolto centinaia di migliaia di rifugiati, offrendo loro soccorso e aiuto, aprendo le sue scuole e le sue università, proponendo offerte di lavoro, con la garanzia dell’ottenimento della cittadinanza o di diritto di soggiorno permanente nel giro di qualche anno, il tempo necessario ad adattarsi alla nuova società, godendo comunque di una qualche forma di tutela legale.

 

La Cancelliera tedesca Angela Merkel accoglie 500.000 rifugiati ogni anno; tra questi, 350.000 sono siriani. E non intende rifiutare asilo a nessuno di loro, perché questo sarebbe in contrasto con i valori di giustizia e umanità in cui crede. Il Ministro degli Interni tedesco Thomas de Maiziere ha invocato una modifica costituzionale, per prestare soccorso ai rifugiati in tempi più rapidi, e con meno vincoli burocratici, e per assicurare punizioni più severe contro chi intende attaccarli. Eppure, su qualche canale televisivo ‘Islamico’, si paventa l’ipotesi che i rifugiati siriani possano convertirsi al cristianesimo, visto che la Merkel è la capofila di un partito di ispirazione cristiana.

 

Ringraziamo questo predicatore per la nobiltà dei suoi sentimenti; ma gli poniamo una domanda precisa: perché il suo Paese non rispetta i principi dell’Islam e il credo religioso dei profughi aprendo loro le porte? Non dovrebbe avvertire ancora di più il peso della responsabilità di offrire loro aiuto, rispetto alla Germania, alla Gran Bretagna, alla Francia o all’Austria?

 

Chiunque abbia avuto modo di visitare il Campo di Za’tari in Giordania all’inizio della crisi, quando i profughi siriani si sono riversati oltre il confine per cercare riparo dai bombardamenti, ha sentito storie agghiaccianti di lupi famelici con le tasche piene di soldi che si accompagnavano a professionisti della tratta di esseri umani, in cerca di ragazzine giovanissime da comprare per appagare i loro insani bisogni, coperti da un falso velo islamico. Esistono decine di rapporti e documentari che confermano la veridicità di queste affermazioni.

 

Hanno trasformato le giovani donne siriane in trofei di guerra, mentre i loro governi partecipavano ai massacri e gettavano benzina sul fuoco della crisi. E non lo facevano sull’onda della preoccupazione per il popolo siriano, come si ostinano a sostenere: erano solo desiderosi di vendetta e spinti dall’odio per un Presidente, quello Siriano, che li aveva descritti come ‘mezzi uomini’, perché non erano stati in grado di contrastare il progetto di imposizione dell’egemonia straniera sul territorio, che anzi essi avevano incoraggiato per via del loro coinvolgimento in strategie tese a destabilizzare la nazione e a dividerla lungo linee settarie, sotto vari pretesti.

 

Dopo aver visto bambini e madri siriane sotto forma di cadaveri restituiti dalle acque, o di corpi decomposti in un camion frigorifero, o giovani ragazze implorare per entrare in Europa, ci aspettavamo di leggere o di ascoltare fatwa emesse dai nostri eminenti sceicchi islamisti sunniti come al-Qaradawi, al-‘Arifi, as-Sudais, ‘Awdeh, e ‘Ar’our, con un appello agli Stati in cui le vittime risiedono, affinché offrissero loro asilo e li aiutassero ad allievare le proprie sofferenze, così come avevano tuonato contro il regime siriano e invocato la jihad per salvare la popolazione. Invece, in questo caso, gli sceicchi hanno preferito rispettare un silenzio di tomba. Ma perché non chiedono all’Arabia Saudita, al Qatar e al Kuwait di venire in soccorso dei rifugiati? Non sono forse Musulmani? Non sono forse Musulmani Sunniti?

 

I tedeschi ‘infedeli’ hanno organizzato dimostrazioni contro il razzismo, per chiedere al loro governo di accogliere i profughi siriani senza alcuna restrizione o limite. Abbiamo visto tifosi negli stadi alzare striscioni con lo stesso appello. Perché i nostri sceicchi non hanno fatto nulla di tutto questo e non hanno levato la propria voce contro la disumanità dei nostri governi?

 

L’Occidente ‘infedele’ sta offrendo aiuto, istruzione e cure mediche a questi ‘terroristi’ Musulmani, mentre gli Stati Arabi, particolarmente quelli del Golfo, le cui casse sono stracolme di centinaia di miliardi di dollari, non permettono neanche agli Arabi e ai Musulmani che risiedono nei loro confini da decenni di ricevere cure mediche nei loro ospedali, né di studiare nelle loro scuole e università. Stando così le cose, come avrebbero potuto accogliere i rifugiati siriani?

 

Ma non si limitano a rifiutare l’accoglienza a questi migranti; al contrario, intervengono nei loro Paesi d’origine, inviando armi e denaro per distruggerli, gettando i semi del settarismo, diventando così le cause primarie dei massacri e degli esodi forzati. Se non volete onorare questi profughi, vi preghiamo almeno di smettere di danneggiarli; vi imploriamo di non interferire più nelle loro questioni. Perché chiunque voglia aiutare i Siriani in casa loro, poi non può abbandonarli fuori. Correggetemi se sbaglio.

 

La crisi in Yemen e l’intervento militare Saudita sono in corso già da 4 mesi. Siamo certi che si protrarranno ancora per anni, 5, 6, forse 10, proprio come sta accadendo in Siria. Il blocco imposto dalla coalizione a guida saudita alle vie terrestri, marittime e aeree è ancora più duro di quello imposto alla Siria. Perlomeno, ai Siriani è concesso di fuggire in Libano, in Giordania, in Iraq o in Europa. Ma come potrebbero fuggire i profughi yemeniti, e dove? Cosa accadrebbe loro se rompessero il blocco e si riversassero a milioni nello stato confinante dell’Arabia Saudita? Li accoglierebbero a braccia aperte, come hanno fatto i libanesi, i giordani e gli europei? O aprirebbero il fuoco contro di loro per evitare l’ingresso in Arabia Saudita? Poniamo questa domanda, perfettamente consapevoli del fatto che non riceverà alcuna risposta, ma che avremo in cambio solo insulti e maledizioni.

 

Dopo la guerra del Kuwait del 1991, alcuni iracheni commisero l’errore di chiedere asilo all’Arabia Saudita. Tra loro c’erano anche dei militari con le loro famiglie. Che cosa ne è stato di loro? Sono stati sistemati nel Campo di Rafha, nel bel mezzo del deserto, e tenuti sotto stretta sorveglianza; è stato loro impedito di lasciare il campo per oltre cinque anni, perché iracheni. Le autorità saudite hanno versato centinaia di milioni di dollari nelle casse delle organizzazioni per i rifugiati delle Nazioni Unite, affinché li smistassero nei vari Stati occidentali, Svezia, Norvegia e Canada. Per lo più, si trattava di Sciiti che si erano ribellati al Presidente iracheno, Saddam Hussein. In sostanza, quindi, erano alleati dello stesso Paese, l’Arabia Saudita, che aveva ospitato 500.000 soldati americani per cacciare il Presidente Iracheno con la forza dal Kuwait, e, di conseguenza, per distruggere l’Iraq. Questo rivela la differenza tra noi e i crociati europei.

 

Qualche anno fa, sono stato invitato a tenere una serie di lezioni in Canada, anche nella capitale, Ottawa. Mi sono sorpreso nel costatare che, in massima parte, gli studenti fossero originari del Kuwait. Quando ho chiesto loro la ragione, mi hanno detto di essere ‘Bedoon’, [nomadi, in massima parte sciiti kuwaitiani] che erano emigrati in Canada e avevano ottenuto la cittadinanza, ma non avevano mai smesso di considerarsi kuwaitiani, e volevano fortemente tornare nella loro madrepatria.

 

La verità è che siamo noi Arabi e non loro, gli Europei, a dare mostra del peggior esempio di razzismo. Gli Europei hanno avuto pietà per i profughi siriani che fuggivano per salvare la propria vita, con i figli in braccio, pronti ad affrontare umiliazioni e dolore. Non hanno chiesto ai rifugiati se fossero Sunniti, Sciiti, Ismaeliti, Alauiti, Cristiani o Musulmani; li hanno trattati solo da esseri umani bisognosi d’aiuto.

 

La schiacciante maggioranza dei profughi siriani è Araba Sunnita. Dove sono, quindi, i nostri rispettabili sceicchi e studiosi islamici, che hanno trattenuto le lacrime del settarismo per i Sunniti, nel caso di questi rifugiati? Se è davvero il regime ad averli trattati ingiustamente, se è lui il vero responsabile della crisi e delle loro sofferenze, perché gli sceicchi e gli studiosi non si affrettano ad aiutarli, se davvero tengono al loro destino? E dov’è l’opposizione siriana? Perché non accorre in sostegno dei rifugiati e non denuncia il vergognoso atteggiamento degli Arabi nei loro confronti?

 

Dopo le posizioni cariche di ipocrisia e doppia morale, le persone si chiedono come mai i giovani Musulmani diventino estremisti e si uniscano all’ISIS, ad al-Qa’ida o ad altre organizzazioni simili, e decidano di farsi esplodere.

 

Per trovare risposta a questa domanda, basta leggere l’articolo dall’inizio.

 

*Abdel Bari Atwan, opinionista tra i più noti del mondo arabo, direttore di www.raialyoum.com

(traduzione di Romana Rubeo)