Guerra e fame appaiono intrinsecamente connesse. È un fatto evidente nella regione etiope del Tigray: la guerra è una condizione sufficiente perché vi sia una penuria alimentare, ma non necessaria.

Quella che chiamiamo fame è arrivata nel Tigray alle sue estreme conseguenze, in almeno 20 distretti, è diventata morte.

DOCUMENTI INTERNI e testimonianze rivelano i primi decessi per fame da quando il governo etiope a giugno ha imposto quello che le Nazioni unite chiamano «un blocco degli aiuti umanitari di fatto», ma secondo Mitiku Kassa, il commissario etiope per la gestione del rischio di catastrofi nazionali, la responsabilità è del Fronte popolare di liberazione del Tigray (Tplf): «Su 466 camion che sono entrati nel Tigray per la consegna di aiuti alimentari, 428 non sono riusciti a tornare».

Tuttavia, secondo le Nazioni unite gli autisti non starebbero rientrando per mancanza di carburante e per motivi di sicurezza in quanto sono stati oggetto di percosse, vessazioni, intimidazioni e furti sulla rotta Semera-Mekelle.
Washington intanto ha lanciato un ultimatum. In una dichiarazione Joe Biden ha spiegato che «gli Stati Uniti sono determinati a spingere per una risoluzione pacifica del conflitto. (…) Mi unisco ai leader di tutto il mondo nell’esortare le parti in conflitto a fermare le loro campagne militari nel rispetto dei diritti umani, a consentire l’accesso umanitario senza ostacoli e a venire al tavolo dei negoziati senza precondizioni».

«LE FORZE ERITREE devono ritirarsi dall’Etiopia ha proseguito Biden -. Un percorso diverso è possibile, ma i leader devono fare la scelta di perseguirlo. L’ordine esecutivo che ho firmato oggi stabilisce un nuovo regime di sanzioni che ci consentirà di prendere di mira i responsabili o i complici del prolungamento del conflitto in Etiopia, dell’ostruzione dell’accesso umanitario o dell’impedimento del cessate il fuoco. Fornisce al Dipartimento del Tesoro l’autorità necessaria per ritenere responsabili coloro che, tra gli altri, nel governo dell’Etiopia, nel governo dell’Eritrea, nel Fronte di liberazione del popolo del Tigray e nel governo regionale di Amhara, continuano a perseguire il conflitto sui negoziati a scapito del popolo etiope».

L’effetto delle sanzioni in un mondo delle diplomazie multilaterali è di spingere, di fatto, ancor di più l’Etiopia verso la Cina. Il portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian si è dichiarato contrario alle sanzioni perché il conflitto è «un affare interno».

IL PREMIER ETIOPE Abiy Ahmed ha replicato a Joe Biden sostenendo che «i nostri figli del Tigray sono tenuti in ostaggio da un’organizzazione terroristica che ha attaccato lo Stato lo scorso 3 novembre . Le grida di donne e bambini sfollati nelle regioni di Amhara e Afar e la sofferenza per mano della duratura spietatezza del Tplf continua sotto l’assordante silenzio della comunità internazionale. La pressione contro l’Etiopia è ingiustificata, caratterizzata da doppi standard, e deriva da una distorsione (orchestrata) degli eventi reali sul campo». Poi ha aggiunto: «Come gli Stati uniti hanno dichiarato in passato guerra al terrore anche noi etiopi stiamo conducendo la nostra guerra al terrore e ci aspettiamo che gli Stati uniti sostengano l’Etiopia contro una simile organizzazione terroristica».

Intanto sul fronte militare sono stati identificati alcuni Uav Mohajer-6 di fabbricazione iraniana all’aeroporto di Semara. Si vis famae para bellum.