Altro che nasoni e fontanelle da serrare. La crisi dell’acqua romana si fa drammatica. Dal 109 dopo Cristo l’acquedotto di Traiano porta l’acqua dal lago di Bracciano all’antica Roma. Provarono a interrompere il flusso i goti e gli ostrogoti durante i loro assedi all’impero decadente. Ai giorni nostri, le falde del bacino vulcanico a nord della capitale sono la risorsa estrema, dopo quella principale del Peschiera. Lo specchio d’acqua di Bracciano è la fonte utilizzata per le emergenze idriche.

Qui entra in scena Acea, azienda partecipata al 51% dal comune di Roma che gestisce l’acqua, che preleva circa 1.200 litri di acqua al secondo. Soltanto che i rubinetti si chiuderanno dal 28 luglio prossimo per disposizione della Regione Lazio, allo scopo di ristabilire le condizioni naturali. Il livello delle acque è vistosamente sceso fino all’apparire di dune sabbiose e antichi ruderi in mezzo al lago, che rendono impossibile i tragitti della motonave. La catena degli eventi rischia di divenire irreversibile, l’ecosistema è delicato: i pesci non possono più deporre uova, si abbassano i fondali, aumenta la temperatura, prolificano le alghe. È una crisi ambientale che tracima in un braccio di ferro. «Sulla diminuzione di livello del lago di circa un metro al netto di tutte le altre cause, come la forte evaporazione estiva ed altri prelievi abusivi, la captazione di Acea Ato2 ha inciso più del 90%», stimano dal parco di Bracciano.

Acea risponde con un ultimatum: «Se da qui a sette giorni non troveremo nessuna soluzione dovremo razionare l’acqua a un milione e mezzo milioni di romani, a tutte le attività produttive, le attività turistiche, ai palazzi delle istituzioni, allo Stato della Città del Vaticano», dice Paolo Saccani, presidente di Ato 2, la controllata che gestisce l’acqua a Roma e in 111 comuni del Lazio.

All’origine delle sete c’è il fenomeno globale del clima. Dopo anni di estati tropicali, con acquazzoni monsonici pomeridiani d’inizio estate, Roma è a secco. In tutta la provincia la terra è arida, le precipitazioni sono in calo di due terzi nei mesi di luglio e giugno, già a maggio erano più che dimezzate e da gennaio il galleggiante è in calo.

Oltre al meteo, c’è la pessima gestione delle risorse. Ed ecco che il giorno della siccità tanto temuto, e tristemente profetizzato dai difensori dell’acqua pubblica, è arrivato. Acea lancia la proposta shock e da Bracciano replica il Comitato in difesa del lago, che ha chiesto lo stop ai prelievi d’acqua e che considera la risposta dell’azienda un «ricatto». Gli attivisti citano i dati forniti da Acea stessa, che solo qualche giorno fa ha comunicato alla Regione Lazio di avere già messo in campo accorgimenti e lavori per il risparmio idrico che gli avrebbero consentito di recuperare 1.770 litri al secondo di acqua. «Alla luce del recupero di risorsa idrica che Acea stessa dice di avere effettuato, il prelievo dal lago è diventato del tutto superfluo e sovrabbondante» spiegano dal Comitato.

Il Coordinamento romano per l’acqua pubblica, che già nei giorni scorsi aveva tracciato i contorni di questa crisi protestando contro la chiusura dei «nasoni», non ha dubbi circa le cause che hanno condotto al precipitare degli eventi: «Questa è una conseguenza concreta della gestione dissennata di questi anni». Sono mancati gli investimenti sulla rete idrica, il che comporta che circa il 40% dell’acqua viene sprecata lungo la rete. Da Acea ammettono: «Il problema della perdita c’è, non lo neghiamo, ma si tenga presente che le perdite sono un male nazionale». Ancora, l’azienda sostiene che su mandato dei sindaci negli anni scorsi ha investito soprattutto in fognature e depurazione «perché lì era l’emergenza».

«La mia preoccupazione è che sia fatto tutto il possibile per assicurare l’acqua ai cittadini, agli ospedali, ai vigili del fuoco, alle attività commerciali – dice la sindaca di Roma Virginia Raggi – Mi auguro che Regione e Acea trovino quanto prima una soluzione condivisa. Va fatto quanto necessario per aiutare e tutelare oltre un milione di romani». Il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti sposta l’accento sul riscaldamento globale: «Mi piacerebbe invitare qui Trump per fargli capire cosa significa non rispettare gli accordi sul clima». Si teme anche l’effetto domino: il Wwf sostiene che l’aumento del prelievo dalla sorgente del Pertuso, autorizzata dalla Regione a fine giugno, avrà effetti devastanti sul deflusso minimo vitale del fiume Aniene.