Oggi all’apertura dei mercati finanziari e valutari – ieri borsa chiusa in Russia per il prolungamento fino a lunedì della festa dell’8 marzo – si capirà se l’uragano finanziario che già ieri minacciava Mosca sarà la tempesta perfetta o solo una grandinata.

Ieri i russi si sono svegliati straniti: rublo ai minimi storici dal 2016 a 87 e 75 rispettivamente contro euro e dollaro (venerdì alla chiusura si era 75 e 66) nelle proiezioni Forex.

A Kiev, nell’unico mercato aperto di riferimento, il rublo è colpito e affondato a 95 contro l’euro, a solo cinque punti dai 100 raggiunti nel 2015 che fece da prologo alla stagnazione dell’economia da cui il paese non è più uscito. Sul mercati finanziari la situazione non è andata meglio. I titoli delle società russe alla Borsa di Londra vanno in profondo rosso perdendo in media il 20%.

A trainare i ribassi naturalmente i titoli energetici Tatneft (25,4%), Rosneft (24,2%), Lukoil (22,1%) ma anche il settore bancario è sotto tiro con Sberbank che cede il 25,5% in attesa di vedere come reagiranno stamane i russi all’apertura degli sportelli.

La Banca centrale russa ha immediatamente bloccato la compravendita di valuta per un mese e come ormai di prassi in questi casi farà fluttuare liberamente la divisa nazionale. Il risultato inflattivo sarà immediato con un aumento dei prezzi al consumo. Già ieri molti negozi che vendono elettronica sono restati chiusi per aggiornare i prezzi.

La discesa agli inferi del rublo è il primo concreto effetto della battaglia che si è aperta tra Opec e Russia sulla definizione dei quantitativi di greggio da estrarre nei prossimi mesi in conseguenza al rallentamento dell’economia mondiale dovuto al Coronavirus.

Senza l’accordo tra Rosneft di Igor Sechin e Opec (i paesi arabi proponevano una riduzione di 1,5 milioni di barili al giorno) il prezzo dell’oro nero ha perso ieri il 30% del suo valore in poche ore. E da oggi la Russia inizierà a leccarsi le ferite di uno scontro i cui le prime a perdere saranno, come sempre, le fasce popolari del paese.

L’economista Igor Nikolaev ritiene che le autorità russe abbiano sottovalutato l’entità della caduta dei prezzi del petrolio a seguito della fine dell’accordo con l’Opec: «Pensavano che se i prezzi del petrolio fossero scesi avremmo avuto volumi di produzione superiori, cosa che nello squasso generale non poteva avvenire e ora siamo obbligati a ridurli».

Mikhail Krutikhin, partner di RusEnergy, ritiene che sicuramente i bassi prezzi del petrolio peggioreranno il benessere dei russi: «Non ne verrà fuori niente di buono. Svaluteranno il rublo e pomperanno l’economia con rubli a basso costo peggiorando la situazione. E non ci sono strumenti per contenere la contrazione dell’economia russa».

Come un boomerang la depressione russa finirà per colpire l’Italia che esporta ancora oggi per oltre 2mila miliardi in Russia malgrado le sanzioni e ha nei russi turisti tra i più affezionati.