Rimanere avvolto nel mistero è il destino di Mohammed Deif, il capo del braccio armato di Hamas che Israele nella notte martedì e mercoledì ha cercato di uccidere sganciando con un F-16 una bomba da una tonnellata su un edificio di sei piani di Sheikh Radwan. Secondo il network statunitense Fox News, vicino a Israele e con ottime fonti ai vertici dell’intelligence di Tel Aviv, Deif sarebbe morto assieme alla moglie, Widad, a un figlio piccolo, Ali, e ad almeno altre due persone. Non è noto però se Deif si trovasse con la famiglia al momento dell’attacco e se sia stato colpito. Tuttavia l’assenza di proclami vittoriosi, almeno fino a ieri sera, da parte del governo Netanyahu lascia credere che Tel Aviv non abbia la certezza della morte di Deif, che potrebbe essere scampato all’ennesimo tentativo di Israele di eliminarlo. Tentativi che qualche anno fa, nel pieno della Seconda Intifada palestinese, lo ferirono gravemente rendendolo disabile. Deif dall’8 luglio, da quando è cominciata l’operazione israeliana “Margine Protettivo” è il capo effettivo di Hamas. Il suo peso è persino maggiore di quello del leader politico del movimento islamico, Khaled Mashaal, poichè è stato responsabile della prepazione militare di Hamas che è poi sfociata nei lanci di razzi e colpi di mortao e nelle azioni di commando che, in parte, hanno colto di sorpresa Israele. La sua fama tra i palestinesi è enorme.

Smentiscono seccamente la morte di Deif le Brigate “Ezzedin al Qassam”, l’ala militare di Hamas, che ammettono solo la morte della moglie e del figlio del loro comandante. Deif, hanno scritto prima in un comunicato e poi fatto sapere ieri sera attraverso il portavoce Abu Obeida, «è vivo e dirige le operazioni militari contro Israele, proseguirà a guidare la lotta…Sarà alla guida dell’esercito che libererà Gerusalemme». La smentita della morte di Deif è stata seguita da una serie di dichiarazioni di grande rilevanza fatte da Abu Obeida. Il portavoce ha avvertito le compagnie aeree internazionali: Hamas, ha detto, intende colpire sistematicamente l’aeroporto di Tel Aviv, a partire dalle 6 di domani mattina (le 5 in Italia). Ha detto agli israeliani di evitare d’ora in poi i luoghi affollati – fra cui gli stadi di calcio – perchè saranno presi di mira da Hamas. Agli abitanti del Neghev occidentale ha intimato di lasciare le loro abitazioni se non vogliono mettere a repentaglio la loro vita. Più di tutto il portavoce delle Brigate al Qassam ha messo la parola fine sull’iniziativa egiziana per un cessate il fuoco permanente. «E’ nata morta, ed è stata sepolta assieme con Ali», ha commentato Abu Obeida, riferendosi al figlio di Mohammed Deif ucciso nei bombardamenti israeliani a Gaza. Il movimento islamico, ha aggiunto, non si sentirà vincolato a ulteriori colloqui al Cairo. Si spezza, per il momento, l’unità palestinese. E poi era ormai chiaro che Fatah e i rappresentanti di gruppi di minoranza erano favorevoli ad accogliere la proposta egiziana di cessate il fuoco, al contrario di Hamas e Jihad.

Il movimento islamico sa che dalle trattative in Egitto non otterrà quanto chiede. Sceglie perciò la strada della prova di forza per dimostrare agli israeliani di avere assorbito i colpi di “Margine Protettivo”. Hamas punta al confronto militare più duro, ritenendo che sia l’unico modo per spingere o costringere Israele ad accettare una soluzione politica per Gaza che includa le sue richieste, a cominciare dalla revoca completa del blocco della Striscia.

Da parte sua Israele, sin dall’inizio di “Margine Protettivo”, non ha mai realmente cercato alternative all’uso della forza. L’iniziativa egiziana è stata sostenuta dal governo Netanyahu solo per ragioni di opportunità diplomatica e comunque negli stretti margini di manovra fissati da Israele. Il premier Netanyahu ieri ha ribadito che l’operazione a Gaza non è ancora conclusa: «Si tratta di una campagna che continua nel tempo…può anche durare anni…Tutti i comandanti delle organizzazioni terroristiche sono un obiettivo di primo piano. Nessuno di loro è escluso», ha detto. Il governo israeliano è più compatto che mai nel sostegno all’azione di forza. La ministra Tzipi Livni, considerata una “moderata” in Europa, è una accanita sostenitrice del pugno di ferro. Per Livni non c’è trattativa possibile con Hamas e occorre insistere con gli “omicidi mirati” di palestinesi. Commentando la possibile uccisione di Mohammed Deif, Livni ha detto che l’assassinio del comandante militare di Hamas non solo è «legittimo» ma anche «desiderabile».

Ieri sera è scesa una notte di incertezza e paura su Gaza dove la popolazione è ripiombata nel clima che ha vissuto per tutto luglio. Gli oltre 20 morti palestinesi fatti dai raid israeliani da martedì pomeriggio, rischiano di essere un triste presagio dei giorni che verranno, forse persino più insaguinati di quelli che hanno già fatto oltre 2mila morti e più di 10mila feriti tra i palestinesi (67 i morti israeliani). Ieri “Save the Children”, ha ricordato che sono più di 450 i bambini uccisi dagli attacchi israeliani e che i civili rimangono intrappolati nel fuoco incrociato. Non non ridono neppure gli israeliani che vivono nei centri abitati accanto alla Striscia di Gaza. Nelle ultime ore i razzi palestinesi hanno bersagliato le città di Ashdod e di Ashqelon. In ampi settori del sud d’Israele le sirene risuonano a ripetizione, costringendo la popolazione a cercare riparo nei rifugi.

Intanto nessuno conosce le motivazioni – se non quelle legate alle abituali attività di repressione dei rappresentanti politici palestinesi – dell’ordine di confino a Gerico, in Cisgiordania, consegnato dai soldati israeliani alla parlamentare Khalida Jarrar, dirigente di primo piano del Fronte per la Liberazione della Palestina (Fplp) ed esponente del movimento delle donne palestinesi. Jarrar ha respinto l’intimazione dei militari.