Le guerre fanno perdere voti, la ministra della difesa Pinotti si adegua all’input di palazzo Chigi: “Non si è mai parlato dell’estensione alla Siria della nostra missione, perché la posizione italiana è molto chiara dall’inizio. Dove non c’è una chiarezza di percorso politico, non c’è nessun impegno dell’Italia nelle operazioni militari, ma diplomatico”. Flash illuminante da Palazzo Vecchio, nell’ultimo giorno dell’assemblea dei parlamentari della Nato, allargata ad altri dodici paesi che hanno le coste bagnate dal Mediterraneo, e i medio orientali sensibili alle avances dell’alleanza atlantica.
Si dovrebbe parlare di terrorismo e della strategie d’azione per combatterlo. Ma la decisione della Germania di inviare i suoi Tornado sposta il baricentro della discussione sulle mosse del governo italiano. Messo già alla gogna, per motivi di bottega interna, dai media di area berlusconiana. Così il ministro degli esteri Paolo Gentiloni replica agli oppositori interni: “È un pò strana questa idea di un paese che sarebbe meno impegnato di altri. Noi abbiamo più di 5.000 militari impegnati all’estero. Siamo il principale paese europeo in Iraq, e lavoriamo insieme con la Francia, la Germania, il Regno Unito, gli Stati Uniti e i nostri alleati”. Infine un simbolico colpetto anche alla botte, per buon vicinato: “Ieri a Parigi ho visto una sintonia fra Italia e Francia totale. Si sta discutendo tra ministeri della difesa di possibili ulteriori forme di cooperazione”.
Gentiloni resta vago su cosa si intenda per “cooperazione”. La collega Pinotti gli va in soccorso: “La Francia non ha fatto delle richieste specifiche, perché essendo con noi in molti teatri (di guerra, ndr) è consapevole dell’impegno italiano che, se andate a vedere i numeri, è molto più consistente di tante altre nazioni. Quindi la Francia ha chiesto ad altre nazioni che erano meno impegnate di poter dare asset. Il loro problema è soprattutto in Mali, nel Shael e anche nell’Iraq nelle zone dell’Isis. Però non ci sono state richieste specifiche. Anche perché in Libano e in molti altri teatri stiamo collaborando insieme, così come in Iraq”.
Anche Pinotti non sfugge alla tentazione di fare la lista della spesa: “Attualmente abbiamo 5.800 militari impegnati nelle missioni. Non abbiamo bisogno molto di aumentarli, se andate a vedere nessuno ha numeri alti come i nostri”. Più nello specifico anti Is: “Siamo impegnati in un’attività aerea importante che è richiesta dalla coalizione, che prevede 270 militari in Kuwait con due aerei Predator, un aereo da rifornimento, quattro Tornado che stanno facendo una ricognizione accurata, perché individuare gli obiettivi è quanto mai importante”. Per ora basta e avanza: “Ad oggi è l’assetto che abbiamo deciso, discusso anche in parlamento”. E, come ha fatto Gentiloni, arriva anche il colpetto alla botte: “Se ci saranno necessità specifiche per un paese così colpito e fratello, abbiamo la massima disponibilità”.
Seppur derubricato ad argomento di secondo piano, trova posto nella discussione – per fortuna – anche il tema delle restrizioni delle libertà individuali. Sul punto, gli accenti securitari di Angelino Alfano di 24 ore prima sembrano ancora rimbombare nel Salone de’ Cinquecento di Palazzo Vecchio. Al ministro dell’interno sembra rispondere Laura Boldrini, che dopo aver elogiato l’esecutivo (“La posizione del governo mi sembra molto saggia, una posizione che fa tesoro dell’esperienze passate che non sono state edificanti”), poi puntualizza: “La nostra sicurezza non sarà garantita se reagiremo in maniera sproporzionata – avverte la presidente della Camera – se sospendiamo i diritti umani allo scopo di difenderli. Le misure di sicurezza di emergenza possono essere necessarie, ma non possiamo limitare le libertà dei nostri cittadini in maniera continua e infinita”.