Sale a 38 il numero delle ragazzine morte in Guatemala nell’incendio della casa famiglia Hogar Seguro Virgen de la Asuncion. Il presidente Jimmy Morales – un ex comico di destra – ha confermato che le minorenni erano chiuse a chiave. Numerosi testimoni hanno denunciato che vi sono stati intralci anche all’opera dei soccorritori. Il rifugio per minori a rischio e poveri avrebbe dovuto funzionare come un centro di permanenza temporanea, per un periodo massimo di 30 giorni. In realtà era diventato una discarica sociale in cui finivano anche neonati abbandonati e ragazze incinte anche per oltre 6 mesi.

Un luogo di abusi, torture e prostituzione obbligata, rimasto aperto nonostante le denunce. L’incendio è divampato a seguito di una protesta delle ragazzine, che hanno dato fuoco ai materassi nell’ala dell’edificio, sovraffollato sia nella parte femminile che in quella maschile (oltre 700 ragazzi per una struttura adatta a contenerne un terzo di meno). Il giorno prima una cinquantina di ospiti erano riusciti a fuggire, altri erano stati ripresi. Le più ribelli erano state chiuse a chiave. L’anno scorso, un’analoga fuga di massa aveva obbligato il direttore del centro a dimettersi.

Hogar Seguro (Casa sicura…) è una struttura del dipartimento del Benessere sociale, che dipende direttamente dalla presidenza della Repubblica. Ieri, il segretario del Benessere sociale ha rassegnato le dimissioni. Grande l’affluenza durante i funerali delle giovani vittime. Hanno protestato femministe, studenti e famiglie portando striscioni che denunciavano il femminicidio di stato e chiedendo le dimissioni di Morales.

La strage è avvenuta l’8 marzo, mentre anche in Guatemala si stava svolgendo lo sciopero globale delle donne contro la violenza di genere. Un crimine di Stato in uno dei paesi più poveri, corrotti e violenti del continente, dove i soldi per le politiche sociali non si trovano, ma le imprese e i ricchi pagano le tasse più basse dell’America latina.