[ACM_2]«Q[/ACM_2]uesta è una chiamata al mondo, al di fuori di queste sbarre arrugginite di questa mostruosa cella. Sapete cosa avviene, davvero, in questa prigione di Guantanamo?» Si tratta del testo di una lettera del prigioniero siriano Abdelhadi Faraj, detenuto a Guantanamo dal 2002, con il numero di identificazione 320.
È in sciopero della fame e ha inviato la lettera, ottenuta dal manifesto, al suo avvocato. Ecco il testo: «Anche se noi detenuti siamo a Guantanamo dal lontano 2002, il governo americano non ritiene sia un problema pressante da risolvere. Questi ultimi sei mesi sono stati fra i piu crudeli della nostra detenzione. Alcuni di noi sono talmente sfiniti da non avere l’energia per uscire dalle celle. Dal 6 febbrario siamo in sciopero della fame. Paradossalmente, durante l’amministrazione Bush, si intravedevano alcune soluzioni; ora, con Obama, sembra proprio non esista alcuna volontà politica per risolvere la nostra disperata situazione. Se alcuni di noi avevano la possibilita di essere detenuti insieme ad altri, a Camp6, ora, dopo lo sciopero della fame, siamo tutti rinchiusi in celle di isolamento totale per 22 ore consecutive con solo due ore di libertà, o almeno così le chiamano i militari. I secondini, a Guantanamo, hanno esercitato violenze e forza bruta nei confronti di coloro che si sono uniti via via allo sciopero della fame. Siamo stati picchiati, hanno impiegato nei nostri confronti pallottole di gomma e gas per bloccare la protesta. Hanno confiscato ogni cosa dalle nostre celle: spazzolini da denti, coperte e libri. Siamo confinati in luoghi freddi, senza alcuna finestra. Non sappiamo più cosa sia un raggio di sole o il vento. Non abbiamo più la percezione del giorno e della notte: ci sembra tutto un’infinita notte. Quotidianamente – continua la lettera – sono costretto a subire la nutrizione forzata, legato mani e braccia a quella che chiamiamo “sedia a rotelle” con i secondini che afferrano la testa con entrambe le mani. La sensazione è di avere il cervello stritolato. Poi, a forza, viene inserito un tubo di gomma nelle narici. Il sangue fuoriesce dal naso e dalla bocca, ma i secondini – incuranti – aprono il tubo della nutrizione forzata. Non riesco a descrivere il dolore provocato dalla sonda nello stomaco. Per bloccare lo stimolo a vomitare ci viene somministrato un sedativo, il Reglan, i cui effetti a lungo andare provocano depressione sino al suicidio. Sappiamo che fuori da qui, continuano proteste pacifiche in solidarieta alla nostra infinita detenzione, con critiche istituzionali a livello internazionale. Noi che continuiamo a portare avanti lo sciopero della disperazione non abbasseremo la guardia sino a quando la nostra richiesta per la giustizia non verrà soddisfatta».
In seguito alla National Defense Act, legge approvata e sottoscritta da Obama il 26 dicembre scorso, David Remes, l’avvocato che rappresenta molti detenuti a Guantanamo, racconta quali sono le prospettive nel 2014, per i suoi prigionieri. Senza indugio apre l’intervista con una novità davvero strabiliante: «Obama, ora, ha la facoltà di rimandare a casa oltre metà dei 158 detenuti a Guantanamo. Soltanto 8 di loro sono stati accusati del crimine di terrorismo. Obama dovrebbe liberare i 79 detenuti già prosciolti da Bush nel 2006 e che lui stesso – nel 2009 – ha dichiarato innoncenti».

Quanti sono i detenuti ancora a Guantanamo?

Sono 158: 79, dei quali 56 yemeniti, sono stati gia prosciolti da ogni accusa dal 2009, ma non sono stati trasferiti nei loro paesi d’origine; 71 sono a detenzione perpetua; 8 sono stati già processati e condannati per crimini.

Quanti sono attualmente in sciopero della fame?

Sono circa 20 persone che vanno avanti con lo sciopero; all’inizio erano stati 160 su 166. Non posso fornire il numero preciso, perché il portavoce militare di Guantanamo ha rifiutato di dare a legali e giornalisti ogni dato al riguardo.

Qual è il risultato saliente ottenuto dai «dannati» in sciopero della fame?

Lo sciopero ha costituito uno spaccato dimenticato sulla detenzione illegale di Guantanamo. Ha risvegliato dall’indifferenza e apatia le elite politiche a Washington. È stata la brutalita del colonnello Bogdan – esercitata nei confronti dei detenuti e ben nota alla Casa Bianca, precedentemente applicata nelle prigioni in Somalia, come risulta dalle sue testimonianze in Senato – a spezzare la misera resistenza dei detenuti.

Cosa è cambiato nel 2014 con la nuova legge firmata da Obama che rende possibile il ritorno a casa della metà dei detenuti innocenti?

La legge del 26 dicembre scorso contenuta nel bilancio per la Difesa elimina la responsabilità personale del segretario alla Difesa richiesta dal Congresso americano.Di conseguenza spetta ora al presidente Obama, se vuole, mandare a casa i 79 detenuti innocenti fra i quali i 56 yemeniti. Se sono innocenti vanno liberati immediatamente al di là delle motivazioni politiche di interesse strategico che gli Usa hanno con lo Yemen o con altri Stati nel mondo.