Sei pagine, corredate da lunga relazione tecnica fitta di cifre e tabelle. Toni distesi, neppure una punta di polemica, nemmeno l’ombra di un timore sin dal «Caro Pierre (Moscovici), caro Valdis (Dombrovskis)» iniziale. Il mittente, Roberto Gualtieri, ministro dell’Economia, è palesemente certo dell’ottima accoglienza che riceverà a Bruxelles la sua risposta alla lettera con richiesta di «chiarimenti» inviata due giorni fa dalla commissione. Ne è tanto sicuro che il capitolo centrale di quella richiesta di delucidazioni, lo scostamento dagli impegni nel deficit strutturale, viene risolto quasi sbrigativamente. E’ vero, invece del miglioramento pattuito di 6 decimali c’è un lieve peggioramento, appena un decimale, ma anche se si tratta di quasi un punto di Pil ciò «non costituisce una deviazione significativa». Perché il quadro italiano e internazionale resta difficile. E perché comunque l’Italia ha diritto di chiedere parecchia flessibilità più le spese per fronteggiare emergenze territoriali e dissesto idrogeologico. Quattordici miliardi di flessibilità e se ne riparla l’anno prossimo.

Altra voce critica, le coperture che dovrebbero provenire dalla lotta all’evasione. Non sono più i 7 miliardi fissati nella Nadef, cifra che lo stesso governo, con la dovuta discrezione, non aveva mai ritenuto credibile. Ora quel gettito è sceso a 3 o poco più e si tratterebbe sempre di un record. Sinora la massima punta di recupero è arrivata a 2,5 miliardi ma in un anno speciale, quello in cui fu introdotta la fatturazione elettronica. Gualtieri, come già anticipato, non teme di aver esagerato in ottimismo. Al contrario la stima è «prudente ma rigorosa». Quei miliardi entreranno tutti e ci sarà anche parecchio di più. Quota 100, vera bestia nera della commissione, «rimarrà in vigore fino al 2021». E’ vero, comporta dei costi ma «non altera i pilastri chiave del sistema pensionistico». Poi, cambiamenti troppo frequenti nelle regole «potrebbero essere dannosi». Insomma non si cambia la soglia del pensionamento ogni anno. Ogni tre anni invece sì ed è questo il vero trofeo che la commissione ha portato a Bruxelles: un impegno di fatto a non rinnovare quota 100. Una finestra di tre anni, poi la Fornero tornerà pienamente in funzione.

A dissipare il solo vero timore della commissione, quello di uno stravolgimento della manovra nel passaggio parlamentare, provvede il principale sospettato di mirare a questo, Luigi Di Maio. «Sono sicuro che le Camere manterranno l’impianto» garantisce. E’ un Di Maio formato umbro quello di queste ultime ore, attento a non offrire un’immagine divisa e rissosa che verrebbe pagata cara nelle urne. Con il premier «tutto chiarito». Gualtieri «sta facendo un lavoro eccellente». In realtà la situazione è meno rosea e comunque lo stesso Di Maio aggiunge che il Parlamento «migliorerà la manovra». Ci sono le richieste dei ministeri, e sono parecchie essendo la situazione passata dalla fase dei veti a quella, più abituale, delle richieste. Ci sono i sindacati, che hanno chiesto ufficialmente un incontro al governo per sapere come intenda dar seguito concreto alle promesse fatte a voce. C’è la guerriglia di Renzi, che non a caso non si farà vedere oggi al rendez-vous umbro. E c’è la guerra che lacera i 5S.

Settanta senatori pentastellati, mica pochi, propongono un emendamento alla manovra per far pagare l’Imu agli edifici della Chiesa e per reclamare gli arretrati Ici: 5 miliardi. Giusto quanto servirebbe per cancellare dalla manovra le «microtasse». E’ una proposta che non troverà ascolto nel Pd o in Italia Viva. Ma è un siluro lanciato contro il «democristiano» Conte, o almeno, quali che fossero le intenzioni dell’«ingovernabile» senatore Lannutti che ha fatto partire la raccolta di firme, tale è destinato a diventare. La guerra tra i 5S è lontana dalla conclusione. Nei prossimi mesi inevitabilmente coinvolgerà la manovra.