Il momento di Roberto Gualtieri candidato a sindaco di Roma per il Pd sembra arrivato. Trapelano voci dalle persone che gli sono vicine, si aspettano gli incontri di rito con i dirigenti romani e laziali del partito. Anche dal neo-segretario Enrico Letta sembra arrivi una benedizione che prelude all’annuncio vero e proprio. «Quello di Gualtieri è un ottimo nome e un grande amico – dice Letta parlando alla stampa estera – Roma vive grandi difficoltà, ma avremo modo di affrontare questi temi preparando il progetto del Pd. Per questo motivo incontrerò Gualtieri al più presto».

MA DIETRO LE QUINTE emergono incrostazioni di metodo. Questioni procedurali più che dubbi veri e propri, che però nel momento particolare in cui si trova il Pd contengono elementi politici. Circolano voci su un irrigidimento di Letta di fronte a forzature e automatismi che non aiuterebbero il cambio di passo che vorrebbe imprimere sotto la sua dirigenza. Non ci sono problemi sulla figura dell’ex ministro, piuttosto sulle modalità in cui la sua candidatura si fa avanti. Che verrebbe da alcuni ambienti del Pd romano senza rispettare lo schema di coalizione larga e plurale che il nuovo leader ha in mente e di cui ha parlato appena domenica scorsa insediandosi al Nazareno. E che a Roma, dove ogni intesa con il M5S di Virginia Raggi è impensabile, andrebbe da Carlo Calenda a Stefano Fassina.

IN EFFETTI, il M5S si chiama subito fuori. Non è scontato, visto che quando si parla di Gualtieri si parla di uno dei ministri che ha lavorato più a stretto contatto con il prossimo leader Giuseppe Conte. Motivo per il quale sarebbe difficile vedere l’ex presidente del consiglio impegnato in una campagna elettorale contro Gualtieri. Senza considerare l’ingresso di Roberta Lombardi nella giunta regionale di Nicola Zingaretti, che ha un peso negli equilibri del M5S romano e nazionale. Ma i 5 Stelle si esprimono per bocca del deputato romano e tesoriere alla camera Francesco Silvestri, secondo il quale l’eventuale candidatura di Gualtieri «non cambia nulla, assolutamente. Il M5S, che ovviamente farà il passaggio interno del voto, si tiene stretto Virginia Raggi e questo importante lavoro di 5 anni».

ANCHE CALENDA rivendica il percorso fatto fin qui. «Mi sono candidato il 12 ottobre – afferma il leader di Azione – Ho ritenuto di avvertire l’allora segretario Zingaretti per cercare di tenere unito il centrosinistra. Per la stessa ragione abbiamo partecipato a un tavolo di coalizione sparito nel nulla. In questo lungo periodo ho lavorato sul programma. Abbiamo incontrato 500 associazioni di cittadini e analizzato i problemi di Roma quartiere per quartiere. Ora apprendiamo dai giornali, altro che tavoli e dialoghi, dell’imminente candidatura di Gualtieri. Appare evidente la scelta di rompere. Ci confronteremo alle elezioni».

PER STEFANO FASSINA, invece, la discesa in campo di Gualtieri è apprezzabile ma «va incardinata su un programma di discontinuità, adeguato alle condizioni della nostra città, ancora priva di una rotta di sviluppo sostenibile, segnata da profonde disuguaglianze già prima del Covid e imprigionata da un assetto istituzionale da ridefinire».

SUL FRONTE SINISTRO interviene anche Amedeo Ciaccheri, presidente dell’ottavo municipio e tra i promotori della coalizione civica Liberare Roma, che da mesi lavora attorno a un progetto per la capitale: «L’unità del centrosinistra è sempre un valore – dice Ciaccheri – L’unico modo per unire il centrosinistra sono le primarie di coalizione. Il mio invito rivolto è a chi è già in campo e anche a chi ha intenzione di candidarsi». Sono di diverso avviso i Verdi, che dicono di considerare le primarie come un modo per mettere in secondo piano i contenuti rispetto ai posizionamenti dei singoli esponenti politici.

LE ELEZIONI SONO ancora di là da venire, rinviate in autunno causa Covid. Il centrodestra non ha ancora un candidato e a sinistra bisogna tenere conto anche della candidatura dell’urbanista ed ex assessore di Raggi Paolo Berdini, sostenuto da diversi comitati e da Rifondazione comunista. Ma la vicenda Gualtieri e il rebus del centrosinistra romano sembrano la prima prova per Letta.