La situazione, neanche a dirlo, «è complessa» e «più che la propaganda, quello che serve oggi è trovare una soluzione». Ma una soluzione alla pur «complessa» vicenda greca c’è. Ne è convinto Roberto Gualtieri, europarlamentare Pd, che è presidente della commissione per i problemi economici e monetari al parlamento europeo.

Siamo alla vigilia di una riunione cruciale dell’eurogruppo, che si terrà l’11 febbraio. Quali sono le soluzioni possibili alla trattativa, definiamola così, Grecia-Europa?

La situazione è oggettivamente complessa. La Grecia ha bisogno subito di risorse per affrontare scadenze di ripagamento, che hanno nel 2015 il loro picco, soprattutto verso l’Fmi e la Bce. Si tratta rispettivamente di 8,6 e 7 miliardi nei confronti dei quali non è realistica una rinegoziazione, che peraltro neanche il governo greco chiede. La rinegoziazione dei prestiti europei proposta dal ministro Varoufakis invece è possibile e auspicabile. Ma la scelta greca di uscire dal vecchio programma rinunciando così all’ultima tranche di versamenti e le impellenti scadenze di pagamento impongono una difficile corsa contro il tempo.

Uno dei punti politici avanzati da Alexis Tsipras è quello di non ‘riconoscere’ la Troika. Il superamento della Troika del resto è un tema che anche voi avete posto in campagna elettorale. Ha ragione Tsipras?

Non solo il Pse ma l’intero parlamento ha chiesto da tempo un superamento della Troika, e il presidente Juncker ha preso degli impegni chiari in questo senso. Ma la crisi greca impone ora un’accelerazione.

Allora quale posizione prenderanno i socialisti europei?

Noi proponiamo un nuovo programma che potrebbe essere gestito dall’Esm, il meccanismo europeo di stabilità detto anche fondo salva-Stati; mentre l’attuale è gestito dall’Efsf, il fondo europeo di stabilità finanziaria, che a differenza dell’Esm impone la Troika, con una rimodulazione delle scadenze, delle condizioni meno rigide sul piano macroeconomico di quelle attuali che consentano politiche più attente alla crescita e alla coesione sociale, degli impegni forti e credibili per la lotta all’evasione fiscale e alla corruzione, e un meccanismo di controllo imperniato sulla commissione sotto il controllo del parlamento oltre che dell’eurogruppo in linea con quanto già previsto dal regolamento Ue n.472/2013, parte del cosiddetto two pack,  che non è mai stato attuato fino in fondo. Sarebbe una soluzione ragionevole e accettabile. Ma i tempi strettissimi non la rendono di facile attuazione.

Pochi giorni fa a Roma Renzi ha sostenuto di parlare «la stessa lingua» di Tsipras. Poi invece ha improvvisamente cambiato ’verso’ e passo, ed ha appoggiato lo stop ai fondi per le banche impartito dalla Bce di Mario Draghi. È quest’ultima la vera posizione del governo italiano?

Non c’è stato alcun cambio di passo. Il governo Renzi è il capofila del fronte europeo per il superamento dell’austerità e questo è riconosciuto da tutti, a cominciare da Tsipras. Qui tuttavia il problema non è prendere posizioni e fare proclami, ma contribuire a trovare una soluzione che sia accettabile per il governo greco ma anche per i governi e i parlamenti degli altri paesi europei senza il cui consenso non è possibile nessuna rinegoziazione. Il governo italiano, che peraltro come è noto non fa parte degli organismi della Bce, sta lavorando in questa direzione.

Non trovare una soluzione al caso Grecia rischia di dare ragione agli euroscettici di destra di tutta Europa, con conseguenze probabilmente gravi per la stessa tenuta dell’Unione. Nella commissione e nell’europarlamento c’è la consapevolezza di questo rischio?

La consapevolezza è piena: l’uscita della Grecia dall’euro e quindi dall’Unione è un’eventualità che non può neanche essere presa in considerazione e per questo siamo tutti impegnati nella ricerca di una soluzione.