Una rassegna itinerante ideata dal polistrumentista Gabriele Mitelli , a mostrare diversi prismi della musica creativa contemporanea, italiana e non. Il duo del pianista afroamericano Matthew Shipp e del tenorista Ivo Perelman, brasiliano trapiantato a New York, è inedito a queste latitudini: esplorazioni tra psicologia e speleologia all’insegna del free storico, di fronte alle quali il tentativo di dirne si infrange. Un fiume improvvisativo in cui entrano brevissime melodie, ombre di Bach, frammenti novecenteschi. Perelman suona come sospeso, allude, in equilibrio tra satori e furore, inseguendo geometrie impossibili. Shipp è magistrale, il dialogo è una domanda continua, il concerto memorabile. A seguire Hobby Horse, emulsioni dub tra ritmi perennemente frastagliati, memorie di Robert Wyatt ed un minimalismo sghembo suonato con attitudine zen. Una via intelligente e personale, anche se a tratti un po’ fredda, al jazz e ai suoi dintorni.

LA SECONDA delle cinque serate regala due soli di altissimo livello: nello splendido spazio dell’ Alberodonte a Rodengo Saiano vanno in scena i prodigi di Paolo Angeli e Cristiano Calcagnile. Il chitarrista gallurese presenta il suo ultimo disco, incentrato su una rivisitazione del repertorio dei Radiohead; non sono covers, ma isole tematiche attorno alle quali costruire ed inventare, seguendo l’approccio che ebbe Don Cherry in Symphony for Improvisers. La chitarra sarda preparata è uno strumento-mondo che unisce a quelle consuete le possibilità timbriche di pianoforte, violoncello e batteria: eliche, martelletti azionati coi piedi a creare contrappunto, un mondo di corde, dispositivi e tessiture che è purissima meraviglia. Letteratura, epos, avanguardia, la polvere di storie antiche e la nitida luce di un futuro di cui avere già nostalgia. Lirico ed ispido, selvatico e rigoroso, il suono libero di Angeli può far virare in ambient folk un canto dei pastori galluresi (Andira, musica del maestro Giovanni Scanu su una poesia del 1700 di Don Gavino Pes) o scovare gli spigoli più nascosti in una cellula di un tema mandato a memoria da milioni di ascoltatori. La scommessa, vinta, è quella di immaginare la musica della band di Thom Yorke come se fosse suonata in un’isola del Mediterraneo. Si vola in cieli inesplorati che danno i brividi, tra Fred Frith, Egberto Gismonti, Ernst Reijseger e chissà che altro: una voce unica ed un talento cristallino ed inclassificabile, giustamente riconosciuto oramai ovunque nel mondo.

ALTRETTANTO prorompente l’energia di Cristiano Calcagnile, batterista poliedrico, leader di Multikulti (un largo ensemble devoto proprio a Don Cherry) e strumentista sensibile e coraggioso. Presenta qui St()ma, un lavoro in solo per batteria espansa. Anche il suo è uno strumento-mondo: siamo nelle viscere di una terra intima, immaginaria, tra polveri industrial ed uno swing disgregato ed inarrestabile. Il ritmo, imprendibile, racconta una discesa nell’Ade, nel punto esatto di incontro tra l’Africa sismica di Sunny Murray e i rumori di ferraglia dei This Heat. Fuochi free rock nella fucina di Efesto, micromondi, chitarrofoni, maree, scosse telluriche, epifanie nella penombra, con un tema di Monk a cercare luce dopo tanto magnifico buio.