Grandissima Koalition per Emmanuel Macron: tutti uniti o quasi contro l’incubo Le Pen che ha passato il confine del primo turno alle presidenziali francesi.
Fuori dal coro solo la Linke festeggia il «grande successo della sinistra di Jean-Luc Mélenchon a quota 20%» e – naturalmente – Alternative für Deutschland reduce dal congresso contro Frauke Petry, che fa le «congratulazioni a Marine» ancora in veste di leader.

Due eccezioni a conferma della regola istituzionale: dalla cancelliera Angela Merkel augurante «buona fortuna» a En Marche! e soddisfatta per «la vittoria dell’Europa forte e del libero mercato» allo sfidante Spd Martin Schulz «felice del risultato dell’unico candidato davvero europeista».

Passando per «Mercì, la France» twittato dal presidente dei Verdi Cem Özdemir e la profezia del ministro degli esteri socialdemocratico Sigmar Gabriel da Amman: «Sono sicuro che Macron sarà il prossimo presidente».

Ottimismo, per infondersi coraggio e scacciare la paura dei lepenisti di casa.

Domenica a Colonia Afd ha ufficialmente rottamato la «realpolitik» di Petry con l’elezione dei due candidati alle elezioni federali del 24 settembre. Su 600 delegati del congresso 365 hanno puntato su Alexander Gauland, anziano co-fondatore del partito, e Alice Wendel, giovane consulente economica con un passato nella finanza che conta.

Saranno i garanti della linea unitaria del movimento populista che rifiuta di fondersi nel «partito nazional-borghese» immaginato da Petry.

Il 19 aprile la 41enne ha deciso di non correre per la cancelleria pur rimanendo a capo di Afd: tutt’altro che pura formalità anche se il timone è passato davvero ai «duoviri» garanti dell’ala ultra-destra. Due anime complementari in grado di re-interpretare la linea originale abbandonata da Petry e rilanciare il consenso di Afd che non riempie le urne come previsto.
Così i populisti si affidano a una coppia di provata fede ed esperienza.

Alice Weidel, 38 anni, due figli, tesserata dal 2013: è l’esperta di finanza dell’alternativa populista. Laureata in economia e commercio all’Università di Bayreuth poi dottorato alla facoltà di giurisprudenza con borsa di studio della Fondazione Adenauer. Sul curriculum spiccano i lavori per conto di Goldman Sachs e Allianz Global Investors a Francoforte quanto la perfetta conoscenza del «modello» cinese: Weidel ha trascorso sei anni nella Repubblica popolare come consulente nel settore delle start-up e analista della riforma delle pensioni di Pechino.
Dal 2015 siede nel consiglio nazionale di Afd dove dirige il «comitato sull’euro» che poi sarebbe contro. Nel 2016 si candida alle elezioni nel Baden-Württemberg senza successo; diventa famosa in un talk-show televisivo per aver addossato a Merkel la responsabilità della morte violenta di una giovane a Friburgo.

Nel partito passa per arci-pragmatica: pronta a condannare le dichiarazioni antisemite di Björn Höcke ma anche a farci campagna elettorale per il Bundestag insieme. Alternativa a Petry in tutti i sensi: nel partito (in 152 hanno votato contro) «non tutti vedono di buon’occhio che abbia vissuto insieme a un’altra donna» segnala la Berliner Zeitung.

Guiderà Afd insieme ad Alexander Gauland, 76 anni, un passato da avvocato e cronista fino alla co-fondazione del partito nel 2013. Dodici mesi dopo diventerà il capogruppo Afd al Parlamento del Brandeburgo. Ha passato indenne tutte le gestioni interne: dalla fase anti-euro del professor Bernd Lucke all’Europa-nazione di Petry insieme a Le Pen e Matteo Salvini.
Nato a Chemnitz durante la seconda guerra mondiale, nel 1959 è fuggito dalla Ddr non ancora blindata dal Muro. Ha studiato scienze politiche e legge a Marburgo, dal ‘72 all’82 ha lavorato come addetto stampa del sindaco di Francoforte, poi nel Gabinetto del governatore dell’Assia. Dal 1991 al 2006 Gauland figura come editore di un quotidiano a Potsdam.

La svolta antieuropeista è datata 2010; tre anni dopo lo porterà a «inventarsi» Afd. Contrario agli aiuti alla Grecia, immigrati siriani, musulmani tedeschi, Gauland se l’è presa perfino con la Rivoluzione francese. Ma non va sottovalutato: nel 2014 con il 12,2% dei consensi ha portato i populisti a «conquistare» il Brandeburgo, anticamera di Berlino.