«Come alcuni lavori di Roscoe Mitchell, diverse composizioni di questo disco non vanno da nessuna parte. Stabiliscono i limiti di un territorio, lo abitano e finiscono. Una eccitante e totale negazione dell’abituale forma delle cose, dove una traccia solitamente ha una direzione ed un progresso». Così il pianista di Oxford Alexander Hawkins nelle note di copertina di questo imprendibile, secondo lavoro per il trio formato dalla slovena Kaja Draksler con il contrabbassista svedese Peter Eldh ed il batterista e percussionista tedesco Christian Lillinger, a seguire l’esordio del 2018. Un suono teso e vorticoso, stanze di specchi a riflettere gorghi, frammenti, cellule ritmiche, un groove fantasmatico e denso, inesorabile e sottile a tessere una fitta tela di Penelope per un Ulisse che non tornerà. Peculiare nell’uso della strumentazione (Draksler suona due diversi piano a muro), personale nell’alfabeto e nell’approccio quasi elettronico alla composizione (importante anche il lavoro di post-produzione), l’album procede accumulando shangai in una stanza senza porte o in una scatola magica, progettata con rigore e spirito architettonico e visionario da tre talenti della musica creativa europea.