Grin o Grexit? La Grecia resterà “in” o verrà intrapresa la discesa verso l’exit? Un nuovo Eurogruppo è stato convocato ieri sera alle ore 19, in video-conferenza, per esaminare le nuove proposte della giornata (contro-proposta greca alla nuova proposta della Commissione) e per Juncker “avvenimenti importanti” hanno luogo in queste ore in Grecia. Yanis Varoufakis in mattinata ha annunciato il non pagamento del rimborso all’Fmi di 1,57 miliardi, che scadeva ieri a mezzanotte (assieme all’esaurimento del secondo piano di “aiuti”): ma, secondo la Bild, la Grecia non avrebbe escluso di pagare, ma chiesto una breve proroga all’Fmi per il versamento, probabilmente in attesa del risultato dell’Eurogruppo.

La paura di una precipitazione degli eventi ha spinto a non tagliare del tutto i ponti Atene-Bruxelles. Ieri, Jean-Claude Juncker ha fatto un’ennesima “proposta dell’ultimo momento” ad Atene. Niente di veramente nuovo sulle “riforme” da attuare, ma una promessa di Fondi strutturali per 35 miliardi e un riferimento alla ristrutturazione del debito, punto-chiave per Tsipras. Juncker chiede che Tsipras firmi un documento dove accetta l’ultima versione del programma della Commissione e si impegna a fare campagna per il “si’” al referendum di domenica, contrariamente alla posizione presa la vigilia.

Il primo ministro greco ha risposto con un nuovo piano greco in tre punti: un accordo di due anni con il Mes (Meccanismo di stabilità) di 29,1 miliardi per poter pagare il servizio del debito (proposta che equivale a un terzo piano di aiuti e che quindi dovrà venire votata da alcuni parlamenti, tra cui il Bundestag); una ristrutturazione del debito presso il Fesf (fondo salva-stati) per 130 miliardi e, infine, una brevissima estensione del II piano di aiuti (scaduto ieri), per lasciare all’Eurogruppo il tempo di convalidare la proposta. La Grecia, precisa il governo, “resta al tavolo del negoziato” e cercherà fino all’ultimo “una soluzione valida per restare nell’euro”. E propone un accordo alla Ue, senza Du-U-Tu (Fmi). Una proposta non lontana era già stata presentata il 3 giugno scorso da Varoufakis, ma la Bce aveva rifiutato.

Tsipras ha avuto ancora ieri vari contatti telefonici, con Juncker, ma anche con Mario Draghi (Bce), Martin Schultz (Europarlamento) anche Renzi. Caldo e freddo dalla Germania. Angela Merkel chiude, aspettando il referendum: “non ci sarà nulla di nuovo oggi”, a qualche ora dalla scadenza del rimborso all’Fmi, ha affermato in tarda mattinata. Ma il ministro delle finanze, Wolfgang Schäuble, ha precisato che “la Grecia non dovrà lasciare l’euro se vince il no” (Schäuble da mesi era partigiano di un referendum in Grecia, per chiarire le cose). A fare la voce grossa è stato ieri in particolare il primo ministro spagnolo, Mariano Rajoy, che teme l’ascesa di Podemos se Syriza ottiene una vittoria: “una vittoria del si’ sarà una buona cosa perché permetterà di negoziare con un nuovo governo” in Grecia.

Intanto, il mancato pagamento all’Fmi è sdrammatizzato, il rimborso è passato in secondo piano (in attesa della prossima scadenza di metà luglio, con i rimborsi verso la Bce). Il default di pagamento “non avrà grandi conseguenze” per il ministro francese, Michel Sapin. Con una lettera pubblicata dal Financial Times, 19 economisti, tra cui Joseph Stiglitz e Thomas Piketty, affermano che bisogna ridare fiato alla Grecia, per permettere una “nuova partenza”. Per Stiglitz, “non è questione di soldi, si tratta piuttosto di utilizzare le scadenze per forzare la Grecia a inginocchiarsi e accettare l’inaccettabile, non solo misure di austerità, ma anche altre regole punitive e repressive”.

Dal 2009, quando Bruxelles ha fatto finta di cadere dalle nuvole scoprendo i conti greci, la Grecia ha subito 8 piani di austerità, con 4 governi e ha avuto 2 piani cosiddetti di “aiuto” (73,6 miliardi il primo, 142,5 il secondo). Con il mancato rimborso di ieri, l’Fmi ha un mese per dichiarare la Grecia in default, situazione che si aggraverà con le scadenze di luglio (5,5 miliardi) e quelle che seguono a cascata, se non si trova un accordo. La Bce potrebbe chiudere l’ultimo rubinetto rimasto aperto (ma in stand by da lunedi’), quello dell’Ela (liquidità di emergenza), perché per statuto non puo’ finanziare banche non solvibili. E allora sarà davvero il Grexit.