Beppe Grillo non avrebbe potuto chiedere di più. La spaccatura interna al Pd sul le riforme offre al M5S la possibilità di far saltare l’accordo del Nazareno sfruttando l’opportunità offerta dal ddl di riforma costituzionale firmato da Vannino Chiti e sostenuto dalla minoranza del partito di Renzi. Al punto, caso rarissimo, di arrivare a promettere il voto favorevole del M5S al ddl «eretico». A dirlo con una certa convinzione, prima di una repentina retromarcia, è prima il capogruppo al Senato Maurizio Santangelo, poi l’ex capogruppo Nicola Morra. «Quello presentato da Chiti è di fatto il nostro testo, ad eccezione di una questione che riguarda il taglio delle indennità» spiega Santangelo. Quasi le stesse parole che, poco dopo, pronuncia anche Morra. Certo, dice l’ex capogruppo, qualche modifica si potrebbe provare a fare, magari prevedendo il dimezzamento delle indennità o l’abolizione di qualche commissione «poco operativa» come quella che si occupa di agricoltura, ma alla fine «il M5S potrebbe convergere sul ddl Chiti». Peccato che entrambi poco dopo si ricordino che il M5S prima di prendere qualsiasi decisione dovrebbe consultare la rete, e così l’entusiasmo si raffredda un po’, rimandato a una volta che gli iscritti saranno stati sentiti.

Le dichiarazioni dei due esponenti del M5S non sono comunque senza peso. Sia Morra che Santangelo sono infatti due fedelissimi di Grillo ed è difficile che abbiano lasciato intendere una convergenza con la sinistra Pd senza prima aver avuto il via libera del capo. Del resto è vero che punti in comune tra la proposta dei 5 stelle e quella Chiti esistono: entrambe, ad esempio, puntano a una riduzione del numero dei parlamentari e difendono il bicameralismo. Ma la disponibilità mostrata dai grillini è soprattutto tattica. Se il patto del Nazareno dovesse cadere, la crisi e quindi il ricorso alla urne sarebbe inevitabile. Quello che Grillo chiede inutilmente da mesi improvvisamente potrebbe dunque realizzarsi, tanto più in presenza di sondaggi sempre più favorevoli al movimento.

Anche tra gli ex 5 stelle il ddl Chiti fa proseliti. Anche in questo caso non mancano le somiglianze con la riforma del Senato presentata tre settimane fa dal senatore Francesco Campanella, che infatti ieri non chiudeva a porta al confronto. «C’è qualcosa che non mi convince, ma l’intenzione è buona e dovremmo parlarne», spiega il senatore ormai non più dissidente.

Del resto non sono i contatti che mancano. In questi giorni gli incontri tra gli ex grillini e esponenti della sinistra Pd sono all’ordine del giorno. Soprattutto con i civatiani e sinistra democratica, anche se non mancano i dubbi che alla fine, in caso di scontro con il Pd, sarebbero davvero decisi ad andare fino in fondo. Si discute, ma ci si conta anche. I senatori Pd pronti a votare il ddl Chiti sono 22, ai quali si devono aggiungere una decina di ex 5 stelle e, se non ci ripensano, una cinquantina di senatori grillini. Anche considerando qualche senatore di Sel interessato all’idea, sono troppo pochi per far cadere il progetto di riforme di Renzi, a meno che Forza Italia non decida di tirarsi indietro, e così non sembra. Tentare, comunque, galvanizza Grillo, che sulla riforma del Senato ha lanciato l’ultimo attacco al premier.