Adesso Beppe Grillo ha fretta. Fretta di ricompattare il movimento e gli attivisti prima gli si sfaldi in mano dopo il flop elettorale e la guerra intestina che sta mandando in pezzi i gruppi parlamentari a cinque stelle. Ma anche dopo l’incontro avuto a Bruxelles con Nigel Farage, leader del fin troppo discusso Ukip, partito populista inglese in odore di razzismo e omofobia. Un errore dopo l’altro che, nonostante una ostentata tranquillità (ieri Grillo si è fatto fotografaresullapsigia di Bibioa, i Toscana, metre apsseggia sorridendo con in testa una corona di spine), hanno innervosito parecchio il leader del M5S. «Bisogna reagire, e subito», ha detto ai suoi. E così è partita la controffensiva con Grillo, Casaleggio e i parlamentari più fedeli impegnati in prima linea per risalire la corrente smentendo divisioni interne e, soprattutto, l’imbarazzante politica del leader Ukip. Con il risultato, almeno nel caso di quest’ultimo, che la toppa sia peggiore del buco. «Non è vero che è un razzista. Non è come viene descritto così come io non sono il fascista descritto dai giornali italiani», dichiara Grillo in un intervista al britannico Telegraph in cuii parla soprattuto ai suoi attivisti. «Vuole controllare i flussi migratori in Europa così come lo vogliamo noi», prosegue, aggiungedo poi di apprezzare molto in Farage «il senso dello humor e dell’ironia». E per la seconda volta in pochi giorni accetta che il suo blog si trasformi nel megafono di Farage pubblicando un lungo comunciato dell’ufficio stampa dell’Ukip che nega posizioni razziste.

In realtà Farage guida un movimento che in passato non ha fatto mistero della sua avversione nei confronti di omosessuali e immigrati, senza parlare della (bassa) opinione dimostrata nei confronti delle donne. Ma è difficile capire anche come farà il M5S, favorevole alle energie pulite e antinucleare, a sedersi nello stesso gruppo dell’Ukip che, invece, è a favore del carbone e del nucleare. «Il gruppo serve a fare massa critica e avere peso contrattuale per alcuni provvedimenti», prova a spiegare il fedelissimo Luigi Di Maio.
Queste cose Grillo ha provato a dirle anche ai 17 eletti all’europarlamento, riuniti ieri negli uffici della Casaleggio Associati a Milano e con i quali il leader si è collegato via Skype. Un’opreazione voluta da Caleggio anche per provare a sciogliere i malumori suscitati anche tra i neo eletti gli incotri con Farage. «Sarà comunque la rete a decidere», ha assicurato alla fine Claudio Messora, ambasciatore fino a aoggi del M5S in Europa. «C’è più di un’opzione di alleanza, è ancora tutto aperto». Un riferimento all’offerta fatta al movimento dalla co-presidente dei Verdi europei Monica Frassoni, che non ha escluso la possibilitò di un’alleanza con i pentastellati nonostante l’opposzione dei verdi tedeschi.

La realtà è che in queste ore il M5S sta vivendo quella che è forse la sua crisi più profonda. Gli errori di Grillo e Casaleggio potrebebro aver infatti messo il movimeno in un vicolo cieco. Se la rete dovesse bocciare l’alleanza con Farage, per Grillo sarebbe una bocciatura più sonora di quella avuta con il reato di clandestinità, e tale da mettere definitivamente in discussione la leadership sua e di Casaleggio. Condannando inoltre i 17 parlamentari a non avere nessun ruolo a Bruxelles. Viceversa una via libera da parte del web rischierebbe di schierare in maniera definitiva il movimento su posizioni più adatte a formazioni dichiaratamente di destra, allontanando definitivamente gli attivisti più moderati. E spaccando definitivamente i gruppi parlamentari.

Gruppi che sono giù abbastanza in fibrillazione.
La pubblicazione della nota messa a punto dallo staff della comuncazione alla Camera con pesanti critiche per il modo in cui è stata condotta la campagna elettorale, ha ulteriormente alzato la tensione. E già sarebbe partito un riassetto degli uffici. Il pretesto è la partenza per Bruxelles di Claudio Messora che smetterà di essere il responsabile comunicazione del Senato per assumere la stesso ruolo per gli europarlamentari, parenza che lascia scoperto il suo posto a palazzo Madama. Per rimediare i vertici del movimento starebbero pensando a due soluzioni: Messora potrebbe essere sostituito da Rocco Casalino, che fino a oggi si è occupato delle televisioni, oppure i due uffici di Camera e Senato potrebbero essere unificati sotto la guida di Nicola Biondo, attuale responsabile comunicazione di Montecitorio. Soluzione che smentirebbe le voci secondo le quali Biondo sarebbe nel mirino proprio per il documento sul flop elettorale.

Nel frattempo tra i deputati continua l’analisi del voto e la discussione sul che fare. «Penso che se un messaggio non passa la colpa non sia di chi ascolta, ma di chi lo mada», spiega il deputato Massimo Artini. «Abbiamo cominciato una riflessione costruttiva sul futuro, anche sulle riforme. Resto convinto che questo governo punti a retringere sempre più gli spazi di democraziona, ma sarà il gruppo a decidere se collaborare o meno con Renzi».