Serrare le file. Fare muro intorno alla sindaca di Roma che, piaccia o non piaccia ad alcuni dirigenti, del Movimento 5 Stelle è il simbolo. Virginia Raggi, che – urla Beppe Grillo – «in tre mesi ha fatto risparmiare 90 milioni semplicemente facendo pagare i più ricchi. Raggi andrà avanti e noi vigileremo». Della vigilanza, forse, fa parte anche la decisione di sciogliere il nodo delle Olimpiadi a Roma. Se ne incarica Luigi Di Maio: «Non si faranno».

Così Beppe Grillo chiude la partita certificando la vittoria piena della prima cittadina romana: E poi: «Voglio ringraziare il Direttorio, quelli che sono stati vicini a Viriginia». Gli attacchi? «E’ il sistema che si compatta contro di noi, ma sono dilettanti della comunicazione. Mi preoccuperò davvero quando cominceranno a dire che abbiamo ragione».

Sul palco a Nettuno, per la conclusione del tour di Alessandro Di Battista per il No al referendum costituzionale, c’è l’intero stato maggiore a cinque stelle. Bisogna dare un segnale di massima unità, non c’è spazio per i distinguo. Infatti subito dopo il capo prende la parola Luigi Di Maio, sotto accusa per non aver comunicato al resto del Direttorio la notizia dell’indagine a carico dell’assessora all’Ambiente Paola Muraro. Si scusa, ammette l’errore: «Ho sottovalutato, devo spiegazioni». Ma non lo fa col tono di chi si stia umiliando. Riprende alla lettera le argomentazioni della sindaca di Roma: «Il reato per cui è indagata la Muraro può anche risolversi con una multa. Non abbiamo ancora le carte per saperlo». E comunque: «Dov’era la stampa quando c’era Mafia Capitale? Da quando governiamo noi sono diventati tutti Sherlock Holmes».

Si conclude così, con un epilogo prevedibilissimo sin da quando sul blog di Grillo era apparso il post con cui la Raggi ripeteva che per ora Paola Muraro non si dimetterà, una giornata che lo stesso Beppe definisce «difficile». Non era certo questa la conclusione che aveva chiesto il Direttorio martedì notte, dopo l’interminabile seduta di autocoscienza prolungatasi per oltre 8 ore. Non era questo che reclamavano le dirigenti più battagliere e inviperite, come Roberta Lombardi, che mirava a una sorta di resa incondizionata, e Carla Ruocco.

Ma Roma non è Quarto e non è neppure Parma. Scomunicare la sindaca ad appena tre mesi dall’elezione vuol dire mettere seriamente a rischio la sopravvivenza stessa del Movimento. Quando arriva nel calderone incandescente della città eterna Grillo lo sa perfettamente, e lo sa altrettanto bene la diretta interessata. Per questo già nella notte ha deciso di non cedere e lo ha detto, in un colloquio telefonico notturno «intercettato» dal Fatto, a Luigi Di Maio.
«Siamo senza Ama e senza assessore. Io un’altra così non la trovo», dice Virginia Raggi. «O mi dite cosa fare o andiamo a casa, perché sui rifiuti io non so che fare. Muraro è l’unica che sa come funzionano queste cose». E allora? «Continuiamo a sostenere che dobbiamo prima vedere le carte. Prendiamo il tempo necessario. Mettiamo un’altra testa in Ama».

E’ un colloquio chiarificatore, proprio perché privato. La spiegazione di molte delle vicende di questi ultimi giorni è probabilmente proprio che la Giunta, arrivata al governo della città, ha scoperto che la situazione è ancora più difficile di quanto non pensasse. Proprio sul come muoversi in una situazione di fatto disperata i nervi sono saltati a più riprese.

Non c’è solo questo. Il braccio di ferro tra i dirigenti nazionali e locali decisi a imbrigliare la sindaca e lei anche più determinata a evitarlo ha giocato in questi giorni un ruolo essenziale. Quando decide di accogliere solo in parte la richiesta del Direttorio, la Raggi sta anche combattendo una battaglia personale per difendere la propria autonomia. Ma i due fronti, quello della oggettiva difficoltà in cui si trova chiunque voglia governare Roma e quello del bilanciamento dei poteri nel Movimento, sono intrecciati al punto che è impossibile dire dove inizi uno e finisca l’altro.Anche su questo, oltre che sulla sua assoluta intoccabilità in questo momento, ha puntato Virginia Raggi nella guerra di nervi di ieri.

Quando il Direttorio si riunisce con Grillo in persona, in località segreta tra Roma e Nettuno, per evitare il prevedibile assedio della stampa, la sindaca non c’è. Una nota informale fa sapere che «eventualmente» sarà il fondatore genovese a recarsi al Campidoglio. Lui però preferisce il telefono, e quando compone il numero per chiedere di «non dividere il Movimento» ha già deciso che l’unica strada aperta è chiudere la partita con una mediazione che premia la sindaca e non i suoi nemici.

La partita non è certo chiusa. Ma la difficilissima mano delle ultime 48 ore di passione se la è aggiudicata Virginia Raggi. Le difficoltà vere iniziano solo ora. Finita l’estate, che a Roma rappresenta sempre una pausa, i nodi della città arriveranno al pettine tutti insieme e l’M5S non può più permettersi di affrontare una sfida in cui si gioca tutto indebolendo la giunta romana per questioni di potere interne al Movimento.