Alla fine il giocattolo si è rotto. Quel feeling che per molti mesi ha unito Beppe Grillo ai suoi sostenitori almeno per ora sembra essere finito e anche nel peggiore dei modi: con gli elettori che hanno voltato le spalle al comico disertando le urne. Secondo l’istituto Cattaneo di Bologna, che ha analizzato i flussi elettorali di un gruppo ristretto ma rappresentativo di città nelle quali si è votato domenica e lunedì, una delle cause della forte astensione registrata è proprio nella scelta fatta da molti elettori di non votare più per il M5s, senza per questo scegliere un altro partito. Da raccoglitore del voto di protesta, il movimento è dunque diventato esso stesso vittima della protesta.

«Vi capisco», ha scritto ieri Grillo sul suo blog, accennando a quello che sembra essere un inizio di autocritica per aver perso in soli tre mesi la metà dei voti. «Il M5s ha commesso molti errori, chissà quanti, ma è stato l’unico a restituire 42 milioni di euro allo Stato», ha scritto. Ma il mea culpa, se è tale è davvero, finisce qui. Si perché subito dopo Grillo se la prende con gli elettori di Pd e Pdl ai quali attribuisce la responsabilità della sconfitta: «Non si tratta di italiani che hanno sbagliato per consuetudine o per dabbenaggine, ma di persone pienamente responsabili della loro scelta». Uno sfogo a metà tra rabbia ironia e in cui indica l’esistenza di due Italie: «La prima, che chiameremo Italia A, è composta da chi vive di politica, 500 mila persone, da chi ha la sicurezza di uno stipendio pubblico, 4 milioni di persone, dai pensionati, 19 milioni di persone (da cui vanno detratte le pensioni minime che sono una vergogna). La seconda, Italia B, di lavoratori autonomi, cassaintegrati, precari, piccole e medie imprese, studenti». Insomma, il partito del «teniamo famiglia, si vota prima per se stessi che per il paese», contro chi «sta morendo di fame, ogni minuto un’impresa ci lascia per sempre».

Nelle parole del leader, però, neanche un accenno alle scelte fatte dal Movimento in questi tre mesi mesi passati in parlamento. Le cause del flop elettorale saranno comunque l’oggetto di una riunione congiunta che deputati e senatori 5 stelle terranno giovedì in parlamento. «Poteva andare meglio», ha ammesso ieri il senatore Lorenzo Battista che ha puntato il dito sulla scelta dei candidati per le amministrative: «Non dico che non fossero buoni, li conosco, ma bisogna migliorare la campagna elettorale», ha spiegato, mentre i il deputato Luigi Di Maio se l’è presa con gli elettori: «In alcuni comuni dove c’è una storia di partecipazione del Movimento ineguagliabile, fatta di sacrificio e altruismo – ha detto – lì credo che i cittadini siano stati un po’ ingrati».

L’appuntamento di giovedì sarà però anche l’occasione per misurare il malcontento esistente tra i parlamentari. Qualcuno, come Adriano Zaccagnini, ha già detto di considerare quanto accaduto «una sconfitta» e spiegato chiaro e tondo che è arrivato il momento di una «seria autocritica». Sul tavolo ci sono le scelte fatte, anzi spesso non fatte dal movimento. Al momento i «malpancisti» sarebbero circa un trentina, dieci al Senato e 20 alla Camera, ma non è detto che non aumentino. E anche con nomi pesanti se è vero che tra quanti si dicono stanchi di come stanno andando le cose ci sarebbe anche Vito Crimi, il capogruppo a Palazzo Madama che starebbe aspettando solo la scadenza del suo incarico, ormai prossima, per uscire allo scoperto.

Chi non aspetta più è invece la base, che ribolle in maniera sempre più evidente. Grillo dice ironizza dicendo «vi capisco» agli elettori? Senza alcun a ironia gli risponde Alessio: «Vi capisco, vi capisco… Mi sa tanto, caro Beppe, che a sto giro non capito proprio un benemerito». Nel mirino finisce anche Crimi, per il suo non-commento ai risultati: «Ma perché ogni volta che parla perde un’occasione per stare zitto?», chiede Pietro. «Ma come fa il capogruppo di u partito a rispondere ai cronisti ’non posso dire nulla, non ho seguito i risultati…’ Cosa è pagato a fare? Per contare gli scontrini?».