A questo punto Renzi ha un solo modo per capire se il nuovo corso del M5S è sincero oppure no, ed è andare a vedere cosa l’aspetta in fondo alla strada del dialogo imboccata a sorpresa da Grillo e Casaleggio. «Noi facciamo sul serio», ha scritto ieri il leader sul blog, quasi a voler rassicurare il premier che nessuna trappola è stata preparata per lui lungo il percorso. E «noi facciamo sul serio, il M5S non può essere costretto in un limbo» è quello che nel pomeriggio ripete anche Luigi Di Maio, il fedelissimo vicepresidente della Camera che spiega l’improvviso cambio di strategia del Movimento con un po’ di autocritica. «Prima delle europee eravamo convinti di poter far cadere il governo. Il risultato non ha aperto una crisi politica nella maggioranza e adesso c’è la prospettiva di una vita più lunga della legislatura». Insomma, visto che molto probabilmente non si tornerà alle urne prima del 2018, tanto vale provare a incidere sulle riforme sostituendosi a Forza Italia come ago della bilancia. Magari partendo dalla proposta di legge elettorale presentata a maggio dal M5S dopo aver consultato la rete. «Abbiamo una responsabilità – spiega Di Maio – , e la nostra proposta di legge elettorale è un modo di rispondere con i fatti».

Blog a parte, la vera richiesta ufficiale di un incontro con il governo è contenuta in una lettera inviata ieri alla presidenza del consiglio dai parlamentari pentastellati. «Considerando la necessità di avere in Italia una legge elettorale in tempi brevi come auspicato da anni dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – si legge – le chiediamo di fissare un incontro, naturalmente in streaming per ragioni di trasparenza, così da poterne discutere direttamente». Renzi per ora non ha risposto, ma è probabile che l’incontro verrà fissato in settimana.
Con quali esiti è tutto da vedere. Le due proposte – quella del governo e quella grillina – appartengono infatti a universi talmente opposti da non avere nessun punto in comune. Non solo. Renzi guarda addirittura con sospetto al disegno di legge del M5S, non solo perché è sicuro che non garantirebbe la governabilità, ma anche perché teme che il ritorno alle preferenze – come prevede il testo grillino – possa far gola alla minoranza Pd al punto da tentarla a fare fronte comune con i cinque stelle. E infine perché, nonostante le rassicurazioni ricevute in queste ore, sotto sotto resta forte il sospetto che l’unica cosa a cui Grillo punta davvero è rallentare il processo delle riforme. Non a caso ieri il premier ha ribadito la volontà di andare avanti rapidamente: «Un mese fa sembrava io avessi la peste, adesso tutti vogliono fare le riforme – ha detto -. Ora tutti attorno a un tavolo, meglio via mail, così che si fa prima, e cerchiamo di essere operativi». Chiaro che, con queste premesse, è difficile che si possa arrivare a un accordo. «Vedremo», è la risposta che Di Maio, per l’occasione estremamente moderato, dà in una conferenza stampa organizzata al Senato insieme ai capigruppo M5S delle due Camere, Brescia e Buccarella, e al vicepresidente della commissione Affari costituzionali della Camera Toninelli. «Intanto parliamo, poi eventuali punti di caduta verranno sottoposti al giudizio della rete».

Una cosa è certa: stavolta non assisteremo ai siparietti visti nelle occasioni precedenti con Vito Crimi e Roberta Lombardi contro Bersani prima e Letta dopo, o al monologo fatto dallo stesso Grillo quando – palesemente controvoglia – a febbraio incontrò Renzi per le consultazioni. E questo per due motivi: primo perché molto probabilmente né Grillo e Casaleggio da una parte, né Renzi dall’altra, parteciperanno all’incontro (per il M5S la delegazione sarà composta da Di Maio, Brescia, Buccarelli e Toninelli). Secondo perché Grillo (che in caso di fallimento dell’incontro potrà sempre dire a chi lo critica di averci provato) se stavolta si tira fuori lo fa anche per dare una risposta ai malumori presenti in molti deputati e senatori che da tempo gli chiedono di fare un passo indietro.

Insomma dall’incontro si vedrà se il M5S ha davvero voltato pagina oppure no. Sulla probabile assenza di Renzi ieri Di Maio – sempre più figura centrale nel movimento – non si è scomposto più di tanto: «A noi interessa portare a casa il risultato, non ci impicchiamo alla presenza di uno o di un altro», ha spiegato il vicepresidente della Camera.