Centinaia di commenti volgari, sessisti e minacciosi appaiono velocemente in coda all’ultima iniziativa di Beppe Grillo. Una «rubrica» sul blog che invita a dare sfogo al rancore, quasi sempre anonimo, della rete. La inaugura il profilo di Maria Novella Oppo, giornalista dell’Unità, sgradita al fondatore del Movimento 5 Stelle perché spesso critica con Grillo e i suoi. Insulti a valanga: l’atroce iniziativa del gruppo di comunicatori grillini non poteva aspettarsi altro successo. Con promessa di replica: arriveranno altri «giornalisti del giorno».
Immediate le critiche. Dei politici di ogni schieramento. Della presidente della camera. E soprattutto delle organizzazioni della stampa: l’Ordine, la federazione, la stampa parlamentare. «Maria Novella è una grande giornalista, parte della storia dell’Unità. Ha esercitato, con il suo graffiante stile, con la sua scomoda intelligenza, un argomentato diritto di critica», scrive il comitato di redazione del quotidiano fondato da Gramsci (e sul blog malignamente linkato da Grillo, Oppo esibisce orgogliosi natali a Ghilarza). L’ordine dei giornalisti testimonia di aver chiesto invano allo staff grillino di togliere dal blog la foto della giornalista. Il presidente Iacopino allora si appella alla magistratura: «È ora che si occupi, senza distrazioni né timidezze, delle ricorrenti istigazioni a delinquere che vengono da esponenti del M5S». L’ufficio stampa grillino replica: «È una diffamatrice di professione». Dario Fo, estimatore di Grillo e Casaleggio, sul palco al recente Vaffanculo day di Genova, prende le distanze dall’ultima iniziativa. Ma in un modo che finisce col rincarare la dose. «La rubrica? non mi piace. Non accetto un linguaggio di questo genere, non bisogna scendere alla brutalità dei giornalisti. E poi considerate le vendite che ha l’Unità, vuol dire dare peso e valore a qualcuno che non lo merita». Con twitter Enrico Letta esprime solidarieta piena alla giornalista «schedata e lapidata verbalmente»; tra i 5 Stelle solo il senatore Orellana fa un comunicato per prendere le distanze.

La lista dei giornalisti evoca pessimi ricordi ed è imbattibilmente odiosa, ma non è l’unica della giornata di Grillo. Compare un poster «Wanted» in stile western con la foto del deputato pd Piero Martino. È l’unico modo che viene in mente al collega grillino Cosimo Pietraroli per rispondere a una vecchia semirissa in aula (e anche Martino annuncia che si rivolgerà alla magistratura). Ma la lista più lunga è quella che Grillo si limita per il momento ad annunciare, e minacciare, sul blog.
Sono i nomi e i volti dei 148 deputati del centrosinistra che non sarebbero risultati eletti senza il premio di maggioranza. Secondo Grillo, dopo la sentenza della Corte Costituzionale, sono precari, illegittimi, abusivi e via salendo nella provocazione offensiva. Il Porcellum, vale la pena ricordare, è lo stesso sistema elettorale con il quale Grillo voleva tornare a votare fino a poco tempo fa; così come ancora prima voleva imbalsamare in prorogatio un governo senza fiducia o con la fiducia di un altro parlamento parimenti abusivo.

Fatta la prova con la lista dei giornalisti, si può immaginare l’effetto della lista dei parlamentari eletti con il premio di maggioranza, il livello di argomentazione critica che accompagnerà le loro foto sul blog di Grillo. Poco importa che il presidente della Corte Costituzionale Silvesti intervenga per ricordare che sugli effetti della sentenza «la Corte si è già ufficialmente espressa». E lo ha fatto ribadendo il pieno diritto del parlamento in carica di cambiare la legge elettorale. La legittimità degli eletti, dunque, non è venuta meno.

Non manca, è vero, qualche opinione in senso contrario. Ma i giuristi che la avanzano partono dalla circostanza che i deputati, a nove mesi dal voto, non hanno ancora visto convalidare la loro elezione dalla giunta presieduta dal lentissimo grillino D’Ambrosio. Che adesso minaccia tutti: «Come presidente ho un’arma, posso riaprire anche le convalide già fatte». Il caso non può dirsi chiuso, e Grillo può citare a sostegno della sua campagna l’ex presidente della Consulta Capotosti. Che, ma questo l’ex comico non lo dice, aveva già esposto tutti i suoi dubbi proprio sull’Unità.