Matteo Gracis
Matteo Gracis

«La battaglia per la legalizzazione della Cannabis è su un binario morto. Siccome non è nel contratto di governo, è sparita dal dibattito politico. Ma se la Lega non perde occasione per spingere verso il proibizionismo, ora minaccia addirittura di chiudere i negozi di Cannabis light perché sarebbero diseducativi, il Movimento 5 Stelle sembra intimidito, infatti perde consenso. Lo stesso Grillo si chiede che cosa si aspetta a legalizzare, ma in questo momento non ha voce in capitolo».

Questa istantanea della fase politica attuale è molto nitida. A scattarla è Matteo Gracis, autore di Canapa, una storia incredibile (Chinaski Edizioni, 176 pagg., 18 euro), un libro a tutto tondo sulla Cannabis, tra aneddoti, storia e spericolate esperienze personali, con la prefazione nientemeno che di Beppe Grillo.

Gracis, che di mestiere fa l’editore di una rivista e di siti dedicati alla Canapa e collabora al blog di Grillo, è stato nella scorsa legislatura assistente di un parlamentare del M5S, quindi sa cogliere le contraddizioni del Movimento che si era speso a favore della legalizzazione. Oggi vede qualche possibilità di apertura solo sulla Cannabis ad uso terapeutico, se non altro perché il ministro della Sanità è targata M5S.

L’Italia produce solo un decimo della Cannabis che serve per l’uso terapeutico, il resto lo importiamo dall’Olanda a prezzi piuttosto elevati. Cosa si potrebbe fare per soddisfare questo fabbisogno, almeno per i malati?

L’Italia ha scelto di far produrre la Cannabis per uso terapeutico all’esercito, quindi ne produciamo poca e, a mio parere, di pessima qualità. Le soluzioni possono essere due: una, quella ufficiale, è di dare in concessione a privati la produzione. Ci sono diverse realtà in Italia che producono Cannabis light (quella a basso tenore di Thc, la sostanza psicoptropa) che hanno già impianti indoor idonei e potrebbero cominciare domani. La seconda strada che io sostengo da anni è quella dell’auto-produzione: dare la possibilità alle persone di coltivare a casa dalle 3 alle 5 piante, come per esempio permettono di fare in Canada, chiaramente con indicazioni precise su cosa e come coltivarla.

Però i medici che prescrivono la Cannabis sconsigliano l’autoproduzione perché i dosaggi del principio attivo non sono facilmente controllabili con il fai-da-te…

Si, questo è un parere di alcuni medici, ma bisogna dire che negli ultimi anni è stato fatto un grande lavoro sulla selezione dei semi e delle varietà che garantiscono percentuali abbastanza stabili di principi attivi. Del resto, l’alternativa per molti pazienti è quella di rivolgersi al mercato nero, che non dà certo garanzie. L’autoproduzione avrebbe inoltre il vantaggio di tenere alla larga gli interessi delle multinazionali che stanno mettendo le mani su questo mercato, come sta già facendo la Bayern-Monsanto.

In effetti, di Cannabis si è parlato anche durante l’ultimo World Economic Forum di Davos: anche la finanza è diventata anti-proibizionista?

La finanza ha capito che dopo quasi un secolo di oscurantismo si sta aprendo un nuovo mercato, dalle enormi potenzialità. Il rischio che un mercato liberalizzato diventi un monopolio c’è, il che equivarrebbe a cadere dalla padella nella brace. Anche per questo una diffusa auto-produzione può essere la soluzione.

Entrando in uno dei tanti negozi di Cannabis light che vendono semi da “collezione” viene il sospetto che l’autoproduzione sia già in atto…

È uno dei tanti paradossi di questo paese: si vende tutto quello che serve a coltivare, ma se si semina la Cannabis si diventa fuori legge. Noi stimiamo che in Italia ci siano dagli 80 ai 150 mila coltivatori “illegali” persone che coltivano di nascosto la pianta per consumo personale, chiaramente a proprio rischio. È un mercato che andrebbe legalizzato, come del resto stanno facendo diversi stati Usa, con enormi benefici sociali, in termini di posti di lavoro, e fiscali, perché su un prodotto legalizzato si pagano anche le tasse. Chiaramente, la legalizzazione va accompagnata da una campagna di sensibilizzazione. Nel mio libro non nascondo le criticità dell’uso ludico della Cannabis, soprattutto se consumata da adolescenti. Nello stato del Colorado, dove è stata legalizzata 5 anni fa, oggi sappiamo che il consumo tra i giovanissimi è diminuito grazie a un lavoro di informazione fatto nelle scuole e anche perché la mancanza del divieto la rende meno trasgressiva, quindi meno attraente.

Almeno sulla canapa industriale si muove qualcosa? Non ci sarebbe bisogno di una vera filiera industriale in Italia?

Eccome se serve una filiera, proprio non si capisce dove siano i 5 Stelle. Non hanno capito la portata di questa battaglia che ha enormi possibilità di sviluppo. Tutto il settore della bioedilizia con la canapa in Italia è limitato dal dover importare il materiale dall’estero. Lo stesso vale per il tessile: in Italia l’intero comparto della moda potrebbe utilizzare i filati di canapa, ma mancano i centri di trasformazione. Eppure l’Italia, a inizio del ‘900, è stato il secondo produttore al mondo di canapa e il primo per qualità. Basterebbe così poco per creare un indotto consistente. L’Italia potrebbe avere un ruolo da protagonista in questa riscoperta della canapa. Peccato che questa classe politica non lo capisca.