In una sconcertante orgia di appelli dissennati alla blindatura dei porti la voce più ragionevole è quella della Cei. Monsignor Perego, direttore della Fondazione Cei «Migrantes» che si occupa di immigrazione, è quasi l’unico a bocciare senza appello l’ideuzza di bloccare i porti senza sostituirla con trovate dello stesso genere, ad esempio lo spostamento delle navi militari tricolori in acque libiche per bloccare non i porti di arrivo ma quelli di partenza, buttata là come se nulla fosse dal capo dei senatori di Forza Italia Romani, o il blocco navale con tanto di confisca delle navi delle Ong, suggerito tra un ruggito e l’altro da Salvini.

«Mi auguro che si tratti solo di una provocazione volta a favorire il ricollocamento nei vari Paesi Ue. Altrimenti sarebbe un provvedimento inaccettabile», afferma il direttore di «Migrantes». La Cei sa perfettamente che proprio di questo si tratta e che né Paolo Gentiloni e neppure il «duro» Marco Minniti hanno intenzione di passare dalle parole ai fatti sfidando l’Europa e anche il senso comune di milioni di loro elettori. Sperano che la voce grossa spinga una Ue mai cadaverizzata come su questo fronte a passare lei «dalle parole ai fatti», come ha ripetuto ieri Minniti aggiungendo ancora minaccioso che «il tempo delle parole si è consumato».

L’esasperazione del governo italiano è del tutto comprensibile. Ma la scelta di alzare la posta minacciando la chiusura dei porti rischia solo di rendere la situazione davvero fuori di controllo. Di fatto ha dato la stura a una specie di delirio bellico che sarà difficile tenere a freno quando, come è più che probabile, ai peraltro vaghi pronunciamenti della Ue non seguirà niente. O meglio seguirà il portone chiuso in faccia all’Italia, oltre che ai migranti, da Macron.

Tra Renzi e Grillo, ormai impegnato a tallonare il Carroccio sul piano inclinato della mano pesante e a volte dell’aperta xenofobia, la sfida è tutta nell’accollare ad altri, la responsabilità dell’eccessiva accoglienza. «Il responsabile di questa situazione è Renzi», scrive il blog dell’ex comico. È con lui al governo, infatti, che è entrato in vigore «l’accordo suicida» Triton, colpevole di aver spalancato le porte a decine di migliaia di invasori. Ma se possibile Di Maio va anche oltre: «Ora gli pseudo-buonisti del Pd sembrano convergere sulle ipotesi di chiudere i porti alle navi Ong non italiane. Provano a fare, a parole, le nostre proposte. Chiedete scusa». Renzi replica addossando a Berlusconi e Maroni ogni colpa: «Sono stati loro a firmare gli accordi di Dublino».

In un clima del genere finisce che persino persone solitamente ragionevoli come il forzista Malan o l’ex sottosegretario Zanetti straparlano, il primo spiegando che «l’invasione» è incoraggiata «dalla prospettiva di cittadinanza facile grazie allo ius soli», il secondo invocando «decisioni drastiche», visto che abbiamo avuto troppa pazienza. In queste condizioni il dibattito sullo ius soli rischia di essere una battaglia al Senato e molto peggio fuori dal palazzo.