Il cacique brasiliano Ladio Veron, rappresentante del popolo Kaiowá ci ha concesso questa intervista durante il suo viaggio in Italia, che lo ha portato anche a Roma, alla Fondazione Lelio Basso.

Qual è lo scopo della sua visita?

Formare un gruppo di appoggio ai Guarani Kaiowá del Mato Grosso do Sul, un popolo che subisce attacchi costanti e violazioni dei diritti umani da parte dell’agribusiness, ed è vittima di un genocidio. Oggi la gente non vuole più soffrire. Siamo venuti qui per chiedere di formare un gruppo che vada nella nostra terra, in modo che l’occhio dell’Europa stia con noi e veda da vicino tutti i prodotti che vengono confezionati nel Mato Grosso do Sul, prodotti geneticamente modificati e per cui vengono utilizzati prodotti chimici, che poi vengono portati da voi. Questo accade nella terra dei Guarani Kaiowá. In Europa vogliamo formare una rete di supporto che sia collegata direttamente agli accampamenti indigeni. Sarà necessario installare nelle terre nuovamente occupate una radio via internet, perché ora durante le retomada (le nuove occupazioni, ndr) non abbiamo rete per il cellulare o internet, né l’elettricità per caricarli, e quando ci attaccano spesso nessuno lo sa. Vogliamo anche creare una scuola di formazione politica in modo che non solo i capi, ma anche i giovani possano conoscere i propri diritti e sapere che strada intraprendere insieme ai loro fratelli in Europa. Il gruppo di sostegno sarebbe collegato direttamente alle comunità tramite un centro di supporto in un accampamento, magari vicino alla città. Questo centro può anche essere situato nello stesso centro di educazione politica. Vogliamo che ogni paese sia più sensibile alla nostra causa di formazione perché i nostri leader e i nostri giovani abbiano l’assoluta certezza di poter ottenere il riconoscimento dei loro diritti, grazie a questa formazione. Sono venuto a costruire un ponte. Dopo questo mio viaggio, l’Aty Guasu, la Grande Assemblea Guarani Kaiowá, insieme a tutti i leader indigeni, discuterà di come si può procedere e camminare insieme ai fratelli in Europa.

Qual è la situazione dei guarani oggi in Brasile, e in particolare nella sua regione?

I Guarani non hanno terra. La terra che occupiamo è pochissima. Per questo, molti accampamenti soffrono di carenza di cibo, di acqua potabile, di strutture per vivere. Oggi molti accampamenti sono ai margini dell’autostrada, e anche nelle aree che sono state rioccupate ci sono accampamenti precari. In questo senso, i Guarani non hanno l’appoggio del Brasile. Oggi dobbiamo affrontare grandi minacce da parte dei latifondisti, dell’agribusiness, degli allevatori, delle milizie e dello stesso governo. Oltre agli attacchi armati, soffriamo per l’avvelenamento dell’aria sopra i nostri accampamenti e l’intossicazione di bambini, adulti e animali, senza ricevere alcuna assistenza medica. L’agribusiness è venuto a porre fine a tutto; ha portato deforestazione, inquinamento, avvelenamento dei fiumi. A rafforzare l’agribusiness è lo stesso governo statale, i parlamentari e Imasul (Instituto Ambiental de Mato Grosso do Sul). Tutto quello che vogliamo è la terra. Con la terra possiamo coltivare, mantenerci e vivere. Non vogliamo dipendere dagli aiuti alimentari del governo.

Cosa è cambiato dopo il golpe istituzionale di Temer?

È cambiata la legge. I deputati propongono leggi per attaccare gli indigeni e la loro relazione con la terra; come il Pec 215, l’ordinanza 80, altri Pec (proposte di emendamento costituzionale, ndr) che impediscono la demarcazione di terre indigene. E per complicare ulteriormente le cose, il Ministro della Giustizia ha messo a capo del Funai, il Dipartimento brasiliano agli Affari Indigeni, un ruralista (legato alla lobby di agricoltori e allevatori, ndr). Questo rende ancora più difficile la demarcazione delle terre indigene, e non solo per i Guarani Kaiowá ma per tutti gli indigeni del Brasile.

Quali sono le relazioni con altri movimenti popolari e organizzazioni come i Sem Terra?

Stiamo creando una grande assemblea in tutto il paese, Terra Livre, a cui parteciperanno molti leader indigeni del Brasile per avviare una nuova strada e riottenere le nostre terre, riottenere quello che è nostro e dei nostri antenati. Siamo in contatto con diversi movimenti, principalmente con Mst e gli abitanti dei Quilombo, per unirci e chiedere al governo il rispetto dei diritti degli indigeni, dei quilombi e dei sem terra – che sono diritti costituzionali. Oggi, nello stato del Mato Grosso do Sul, è difficile costruire un movimento a causa della pressione dei paramilitari, del governo, dei giudici statali che attaccano i movimenti. Per questo siamo venuti, per chiedere aiuto all’Europa.

Che posizione assumete rispetto alle elezioni, quali candidature sostenete e quali richieste fate ai candidati?

In questo momento non abbiamo nessun candidato, non abbiamo nessun partito, ma grazie alla mobilitazione dei popoli indigeni possiamo costruire, sì, una candidatura con tutti gli indigeni del Brasile. Ora sappiamo che il Congresso ascolta solo coloro che sono rappresentati, per questo dovremo trovare un accordo con tutti i leader indigeni del Brasile e iniziare a formare il nostro partito, ma potremmo metterci un po’ di tempo. Ci pensiamo già in tutti i nostri incontri. Credo che questo sia il cammino, perché se non abbiamo rappresentanti nel Congresso, sarà difficile. Credo che in questa nuova generazione di Guarani Kaiowá e di altri popoli indigeni del Brasile ci siano già gruppi adatti a formare questo partito e difenderci all’interno del governo. Vogliamo solo vivere in pace nella nostra terra, vogliamo solo ciò che è nostro. Anche se è solo una piccola parte del nostro territorio, e anche se la terra è devastata, i fiumi inquinati, vogliamo vivere lì. La foresta tornerà, i pesci torneranno, gli animali torneranno, troveremo i nostri rimedi per la foresta, cresceremo i nostri figli, e i nostri nipoti, secondo il nostro Ñandereko, il nostro stile di vita. Vogliamo usare le nostre terre come riconosce la costituzione, e d’altra parte il Brasile cambierà solo se correggerà i propri errori. Ciò che voglio è che il paese riconosca che siamo esseri umani e che abbiamo dei diritti, come tutti.