«Siamo vecchi, ma non siamo imbecilli», «Non ci sono soldi per le pensioni, ma solo per riscattare banche e costruire autostrade». Gli slogan di una immagine insolita quella dello scorso 22 febbraio a Madrid quando un gruppo di pensionati arrabbiati ha rotto il cordone di polizia che protegge il Palazzo delle Corti dove si riunisce il parlamento spagnolo. Con agilità si è arrampicato sulla scalinata, oltre gli annoiati leoni di bronzo, bloccando l’accesso a deputate e deputati, costretti a ripiegare verso una porta sul retro.

La polizia attonita, incapace di reagire con la veemenza di sempre. Non era mai successo prima. Tantissimi manifestavano infuriati per avere ricevuto una lettera della ministra del lavoro che annunciava uno squallido aumento delle loro pensioni dello 0,25% , quasi 2 euro lordi, mentre l’indice dei prezzi al consumo registra un aumento di servizi di prima necessità come luce, acqua e gas di oltre un 1%. Un insulto, una presa in giro, un affronto alla dignità.

Per i pensionati spagnoli è certo che il problema non si risolve se non si manifesta per strada. E così si sono convocati in 86 città diverse, da Bilbao a Barcellona, per denunciare le pensioni di miseria, che crescono meno del costo della vita. Hanno sorpreso tutti. A cominciare dal Pp, il partito di governo, ben cosciente che il grosso del suo elettorato è composto da persone con oltre 65 anni di età, e che ha cercato di sostenere che le pensioni non hanno perso potere d’acquisto, che i 2 euro di aumento ricevuti sarebbero stati ben investiti in pensioni private, ma non è riuscito ad abbindolare proprio i pensionati.

È una mobilitazione nata dal basso, iniziata nel 2016 e cresciuta intorno alla piattaforma in difesa delle pensioni giuste, ma che oggi ha spiazzato anche organizzazioni sindacali come Ugt e Ccoo che avevano già preparato e indetto una serie di marce molto meno partecipate.

Nella Spagna di oggi la pensione di nonni e nonne è spesso l’unico reddito stabile in molte case in cui il padre o la madre hanno perso il lavoro e dove i giovani, se riescono a entrare nel mercato del lavoro, sono solo precari, senza diritti e con retribuzioni vergognose. La relativa pace sociale durante la crisi è dovuta in gran parte al cuscinetto familiare delle pensioni, nonostante il congelamento subìto durante il periodo del governo Zapatero prima e l’innalzamento dell’età pensionabile ai 67 anni poi, con il governo delle destre, con l’accordo tra datori di lavoro e sindacati.

C’è chi parla di «nonni indignati» e di un 15M di rughe e capelli grigi, è già #greypower in twitter dove proprio la generazione dei millenials, poveri e precari, si sta ancora domandando come si sono organizzati questi vecchi senza nemmeno un hashtag.

E loro, vecchi e vecchie, a fare il porta a porta da mesi, presidiando ospedali e centri di salute, uffici postali dove si va a riscuotere le pensioni da fame, per organizzare la propria indignazione.

Senza smettere di accompagnare nipoti a scuola o continuando a fare la spesa. E si sono anche accorti del divario tra le pensioni medie dei maschi, circa 1200 euro, e quelle delle femmine, soli 700 euro, e chiedono l’uguaglianza e decidono di aderire allo sciopero globale delle donne del prossimo 8 marzo.

Dopo il successo della settimana passata, pensionati e pensionate stanno convocando di nuovo manifestazioni per tutta la Spagna per il prossimo 17 marzo, volutamente un sabato, perché possano partecipare tutti e tutte. Hanno le idee chiare, non vogliono ritocchi, vogliono una riforma completa del sistema pensionistico pubblico che porti con sé un nuovo sistema fiscale.

Sembra una ondata di indignazione destinata a continuare e decisa a contaminare la grande maggioranza del paese, così come capitò con il 15M, qualcosa che potrebbe mettere ulteriormente in crisi l’incerto equilibrio di governo.