Non avevo una particolare idea prima di acquistare La nostra casa è in fiamme, ensemble di pezzi vari cuciti insieme dai genitori di Greta Thunberg e ora pubblicato, in Italia, da Mondadori e la Repubblica. Il volume presenta interventi divenuti virali, quali il discorso al Parliament Square a Londra (8 settembre 2018), a Davos (25 gennaio 2019), a Katowice (3 dicembre 2018) o a Stoccolma (8 settembre 2018). Poi abbraccia osservazioni della madre, Malena Ernman, del padre, l’attore Svante Thunberg, della sorella Beata, oltre ad altri appunti di Greta apparsi sui social. Si offrono ai lettori ragionamenti e informazioni di carattere ecologico-ambientale, nonché situazioni domestiche, l’evolversi della malattia di Greta, i suoi problemi alimentari, la sua dieta, i viaggi, l’autismo, la reazione degli altri alle sue parole e le sue osservazioni alla reazione di questi altri organi o giornalisti o governi. Insomma: un bel potpourri.
Tale disomogeneità dei toni e dei testi è già un problema abbastanza serio, oltre al fatto, a mio parere tutt’altro che irrilevante, che talora si ha dubbio se a parlare sia la madre piuttosto che la figlia. Ma quel che lascia più perplessi non sono ovviamente i messaggi ai governi e alla gente del nostro tempo: la nostra casa è davvero in fiamme, come dice Greta Thunberg. Lo sappiamo da decenni. No, quel che lascia interdetti è l’immaturità dei discorsi e dei ragionamenti. Questo è un libro che probabilmente avrebbe dovuto attendere del tempo prima di prendere forma; d’accordo, diranno i lettori, è un’occasione per diffondere il suo pensiero, per imporre ancor di più la problematica. Però resto dell’avviso che sia un’operazione prematura. Cito un passaggio più evidente di altri: «Voi dite che nella vita non c’è solo il bianco e il nero. Ma è una bugia. Una bugia molto pericolosa. O evitiamo un aumento della temperatura di 1,5 gradi, oppure no. O evitiamo di innescare una reazione a catena irreversibile che sfuggirà a qualsiasi controllo umano, oppure no. O scegliamo di voler esistere ancora come civiltà, oppure no. E questo è bianco o nero» (pag. 13). Queste sono le parole di una ragazzina, sono le parole di una persona che non ha mai avuto a cuore nessuno, queste sono le parole di chi ha a cuore un problema, una questione e si percepisce al centro dell’attenzione. Quante volte si ripete che Greta ha la sindrome di Asperger? Quante volte si fa dipendere da Greta il giudizio di quella determinata situazione o di un’altra?

Vengo a sapere che nel mondo soltanto Greta e la Spagna hanno espresso solidarietà ai partecipanti al Gay Pride di Mosca dell’Eurovision 2009 (pag. 149): nessun altro ha avuto qualcosa da eccepire? Nessuna organizzazione? Nessun gruppo gay o transgender? Nessun individuo? I dubbi e le perplessità si sommano, purtroppo. La vita insegna ben altro, ed è qualcosa che la Thunberg non può ancora comprendere. In amore, giusto per fare un esempio, si impara che una persona la ami in certi giorni al tuo meglio e in altri giorni per niente. L’esperienza ci insegna che talora bisogna saper attendere, talvolta invece bisogna sapersi imporre. Talvolta bisogna ritirarsi e riflettere, talora invece si deve agire.

Greta Thunberg è una risorsa da curare e non da spremere. Non si faccia il solito errore di mandarla allo sbaraglio perché è diventata popolare, universale, iconica. Perché il suo viso occupa le copertine dei giornali e le pagine dei quotidiani. Non aiutiamola a perdersi dentro un narcisismo da unica del mondo, da colei che capisce quello che tutti gli altri non capiscono, o quello che tutti gli altri fingono di non voler capire. Per vedere un mondo che possa realisticamente cambiare si potrà fare soltanto insieme, quando le scelte dei singoli individui, quanto quelle delle famiglie saranno in accordo con quelle della politica e di tutti i protagonisti della vita sociale ed economica. Perché questo funzioni, oggi e domani, non oltre, avremo bisogno anche delle migliori Greta Thunberg di questo pianeta. La strada è lunga, è difficile, è assai perigliosa.