Gregoretti aveva il dono della simpatia, a cominciare dalla famosa risposta che dava a chi gli chiedeva: come sei entrato in Rai? «Per raccomandazione» rispondeva sorridendo. Ragazzo della Roma bene, aristocratico studente del Massimo, la celebre scuola dei gesuiti quando era ancora nei pressi della Stazione Termini, inizia ad esplorare il mondo della sinistra avendo già alle spalle un Prix Italia per «La Sicilia del Gattopardo» e una avviata carriera di cineasta parallela a quella di padre di quattro figli: I nuovi angeli (’62) selezionato alla Semaine de la Critique di Cannes, Omicron (’63), Rogopag (’63), Le belle famiglie (’65). I Nuovi angeli è stato un film inchiesta innovativo, senza sceneggiatura, sui giovani che costituivano la scoperta mediatica dell’epoca (i giovani e l’amore, i giovani e il lavoro) realizzato nello stesso periodo di Accattone (prodotti entrambi da Bini), un raro film di fantascienza nel panorama italiano fu Omicron con Renato Salvatori che istiga gli operai a scioperare; Rogopag, film a episodi, con il titolo criptico a indicare i registi che li firmarono (Rossellini, Godard, Pasolini, Gregoretti) un altro tipo di film inchiesta anche questo, sulle tendenze, le idiosincrasie, i peccati dell’epoca, con i toni religiosi supercensurati di Pasolini, uno sguardo al costume di Rossellini, il tocco apocalittico di Godard e lo sberleffo con sterzata noir finale di Gregoretti autore dell’episodio «Il pollo ruspante» dove si prendeva in giro il nuovo consumismo.

REALIZZA una serie di episodi anche in Le belle famiglie, tono di commedia con Totò e Sandra Milo, Adolfo Celi e Annie Girardot, sguardo sui comportamenti amorosi di personaggi di varie classi sociali. Ma si avvicinava il ’68 e lui che si definiva un borghese progressista («mi liberai finalmente del sarto su misura» scrive nella sua autobiografia Finale aperto) inizia a incuriosirsi dei testi di base (quelli più semplici, diceva con il suo solito understatement) e arriva perfino alla Mostra di Pesaro nell’anno degli scontri con i fascisti e lo stesso anno è tra i contestatori della Mostra di Venezia.

A DICEMBRE inizia a girare il celebre film militante che fece il giro di tutte le università: Apollon, una fabbrica occupata le vicende della lotta dei trecento operai di una tipografia romana occupata da un anno, dal ’67 alla fine del ’68 per difendere il posto di lavoro, contro il padrone che voleva chiudere e vendere il terreno. Con la voce narrante di Gian Maria Volonté, la colonna sonora di Mario Schiano, la partecipazione di Zavattini e di un gruppo di cineasti, con una sceneggiatura a cui parteciparono gli stessi operai, anche questa un procedimento innovativo, mai adottato prima.

L’AUTUNNO caldo è scandito da Contratto  (1970) documentario che sintetizza le lotte operaie del 1969. Televisione, opera, partecipazione attiva alla vita politica: nei film di Sordi e di Scola, di Gianni Amelio, di Francesco Laudadio lo vediamo talvolta apparire con la sua grazia e ironia inimitabile, una caratteristica d’altri tempi, difficile oggi da trovare.