L’ora X scatterà domani e, a partire dai porti, si annuncia un conflitto tra il governo che ha imposto l’obbligo del Green Pass sui luoghi di lavoro pena la sospensione dello stipendio e i lavoratori che si oppongono in nome del diritto al lavoro e della libertà personale. Dopo che i portuali di Trieste hanno rifiutato la «pacificazione» offerta dal ministero dell’Interno in una circolare in cui chiedeva alle aziende di pagare i tamponi rapidi gratuiti – per loro è l’obbligo del passaporto «verde» a dovere essere ritirato perché «non si può pagare per lavorare» – ieri Federlogistica ha criticato il Viminale che avrebbe «commissariato» il ministero delle Infrastrutture guidato da Enrico Giovannini che ha la competenze anche sui porti.

«AFFRONTARE e trattare la vicenda dei portuali di Trieste come un problema di ordine pubblico rappresenta un errore clamoroso» e politicamente conferma un «commissariamento» di fatto del Ministero delle Infrastrutture – ha detto il presidente di Federlogistica Luigi Merlo – È il caso di ricordare che ci sono stati puntualmente e costantemente negati i confronti che avevamo richiesto con un solo risultato: lo Stato ora si piega ad un ricatto inaccettabile». Di «ricatto» non si può propriamente parlare dato che i portuali hanno rifiutato la proposta sui tamponi rapidi gratuiti e hanno rilanciato il «blocco» delle loro attività lavorative a partire da domani.

IL PROBLEMA sollevato da Federlogistica riguarda un conflitto di competenze che ha spinto il Viminale a intervenire «nei porti senza conoscerli e senza avere la minima idea di come funzionino, di quali equilibri li caratterizzino, persino di quali rapporti intercorrano fra concessionari e Stato». Una vicenda analoga è accaduta, a parere di Federlogistica, «con il Ministero dei Beni Culturali sul caso Venezia». Nel caso del porto di Trieste l’intervento è avvenuto sull’onda dell’emergenza provocata dalle proteste dei lavoratori che hanno evidenziato come il diritto del lavoro non può essere affrontato né con i manuali di economia comportamentale che teorizzano la «spinta (non troppo) gentile» del Green pass a vaccinarsi in assenza di un obbligo fissato per legge, né con «l’ordine pubblico».

SUL FRONTE DEI PORTI ieri la situazione era fluida. Mentre a Trieste e Genova, per ragioni diverse, il conflitto è stato dichiarato le autorità del mare Adriatico Settentrionale e meridionale non hanno confermato le proteste. La maggioranza dei lavoratori sarebbe vaccinata a Ravenna, a Napoli e a Salerno, a Palermo. In realtà c’è un margine di incertezza perché solo da domani si conoscerà chi non ha il Green Pass. A Ancona ci sarebbero 500 lavoratori non vaccinati su quattromila tra dipendenti diretti e degli appalti.

IL PROBLEMA riguarda anche il personale che lavora sulle navi, e non solo nei porti. Le navi che battono bandiera italiana hanno equipaggi multinazionali, molti dei quali provengono da paesi che hanno vaccinato persone con prodotti riconosciuti dall’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), ma non dall’Agenzia europea del farmaco (Ema). Tra poche ore queste persone potrebbero non trovarsi nella condizioni di presentare il Green pass. Il problema riguarda anche molti portuali che hanno una nazionalità straniera e magari vivono in zone transfrontaliere dove vigono regole diverse dall’Italia. In generale Il problema della conoscenza parziale di questa situazione nasce dall’assenza di un censimento dei non vaccinati anche tra i lavoratori dovuto alla protezione della loro privacy.

ANALOGHE INCERTEZZE investono settori diversi dallo shipping. Le economie domestiche dove sono sfruttate colf e badanti. E poi la logistica e l’autotrasporto che muove le merci soprattutto su strada. Autisti dei paesi dell’Est, sempre che siano vaccinati (con lo Sputnik), non hanno il Green Pass obbligatorio in Italia. Nell’agroalimentare la situazione potrebbe ripetersi: molti lavoratori sono stranieri e possono essere vaccinati con farmaci non riconosciuti dall’Ema.

NEL TRASPORTO pubblico la percentuale di non vaccinati sarebbe tra il 10% e il 20%. Da venerdì l’assenza degli autisti potrebbe non garantire la piena copertura del servizio soprattutto nelle grandi città nei giorni in cui il pubblico impiego torna in presenza. A Roma l’Atac attiverà un monitoraggio sulle cosiddette «assenze anomale». Nella comunicazione ansiogena sul governo della pandemia si è palesato un altro spettro: dopo che sono stati garantiti i consumi nel lockdown la linea della fermezza potrebbe danneggiare una porzione del valore più caro che c’è in una società capitalista: la circolazione delle merci.