Alla fine Alexis Tsipras ha deciso. Il suo sarà un governo di minoranza. L’opposizione interna di Syriza appoggerà le iniziative legislative del governo quando concorda, si dissocerà quando lo vorrà. L’esecutivo non dovrebbe incontrare problemi nella sua azione, visto che potrà disporre di un’ampia maggioranza, includendo anche i partiti dell’opposizione favorevole all’austerità.

In questo modo Tsipras ha evitato di trasformare il deciso passo indietro decretato nell’ultimo fine settimana in una disastrosa rotta in grado di travolgere il suo governo. Se il progetto dell’estrema destra liberista, dominante nell’eurozona, era quello di liquidare un governo scomodo, almeno su questo punto deve regstrare un fallimento.

È evidente però che la situazione all’interno di Syriza non è assolutamente tranquilla. Ci sarà la convocazione del Comitato Centrale e già da adesso si sa che la posizione del presidente è a rischio. Il «parlamentino» del partito è spaccato esattamente a metà, con una leggera maggioranza in favore dei dissidenti. Non si può escludere in fondo al viale una vera e propria scissione di Syriza e la presenza di due liste alle elezioni che tutti danno per sicure, forse in autunno, forse più tardi.

Tsipras vive questa situazione con grande sofferenza. Per chi conosce le abitudini e lo spirito che caratterizzava fino a ieri questo partito sa quanto siano traumatiche certe rotture, non solo politiche ma anche personali. Ieri, nel seguire i tentativi di spegnere i grandi incendi che imperversavano in tutta la Grecia centrale, il premier ha dato luce verde anche alla nuova composizione del governo.

Alcuni nuovi ingressi sono di tipo tecnocratico, gente in grado di dare una mano al governo nella gestione della difficile situazione del paese. Ma ci sono anche dirigenti di Syriza e perfino uno dei Greci Indipendenti, un sottosegretario preposto al risanamento del sistema pensionistico. In sostanza, un nuovo esecutivo per affrontare il duro periodo di approvazione delle (brutte) misure imposte dai creditori ma non di più: si direbbe che è evidente il suo carattere transitorio e di fatto preelettorale.

Tsipras si è convinto che se c’è un modo per riprendere il filo con i dissidenti del suo partito e consolidare l’ampio consenso popolare ottenuto con la dura trattativa con i creditori, è quello delle riforme interne. Riforme vere, non i tagli alle pensioni e i licenziamenti nel settore pubblico che ha imposto per mezzo decennio la troika. Riformare lo stato greco, prima pletorico, corrotto e inefficiente, ora ridotto, ancora corrotto e sempre inefficiente: come hanno dimostrato le difficoltà dei vigili del fuoco a spegnere i grandi incendi scoppiati ieri. Solo il suo governo, estraneo agli scambi di favori con gli oligarchi e alle logiche clientelari, può effettivamente cambiare l’amministrazione e sganciarla dalle logiche perverse del vecchio regime.

Ieri, giornata dei fuochi, avrebbe dovuto essere presentato il nuovo piano per la distribuzione delle frequenze. È un punto centrale per il risanamento della vita politica greca, colpendo a fondo l’artiglieria pesante dell’oligarchia, le emittenti Tv private. Su questo terreno il governo non comincia da zero: ha già chiesto il versamento di tasse arretrate dovute dal 2011, guadagnandosi l’ostilità perenne del sistema televisivo privato.

Ma in questo scontro Tsipras ha un ampio sostegno popolare: le Tv private hanno perso del tutto ogni briciolo di credibilità che le era rimasto con la campagna goebelsiana per il sì al referendum: i loro ascolti sono miseramente crollati mentre quelli della Tv pubblica Ert sensibilmente saliti. Senza pubblicità pubblica, senza crediti da parte di banche compiacenti, senza accesso privilegiato ai forniture e appalti pubblici per finanziarlo, lo strumento principale della propaganda della miserevole classe dirigente greca sta già in profonda crisi.

Le misure di giustizia fiscale sono essenziali nella strategia del governo. Fino a oggi la troika usava l’estesa evasione dell’Iva proprio per premere in favore dell’aumento delle aliquote. Mentre sta concludendosi la terza settimana con le banche chiuse, si è scoperto che il pagamento elettronico, proposto da Varoufakis per le zone turistiche ma bocciato dai creditori, sta diventando popolare. Si potrebbe insistere su questo tasto.

Anche nel settore pensionistico c’è un vasto campo di attività per un governo riformatore.

Tsipras ha già dichiarato che «andare in pensione a 55 anni non è di sinistra» e si prepara a tagliare con decisione i prepensionamenti clientelari, ma non le pensioni inferiori alla media: il piccolo supplemento alle pensioni minime chiamato Ekas è stato depennato dalla troika ma Tsipras ha ottenuto la sua sostituzione con una specie di salario minimo.

È questo il nuovo terreno di scontro per la sinistra governativa greca. Se riesce a piegare le resistenze dei poteri forti, riuscirà a recuperare anche gran parte del dissenso interno. Ha dalla sua un forte sostegno popolare e il totale disarmo dell’opposizione di destra. Sta a lei dimostrare che la sinistra può governare, secondo il suo programma, anche in un ambiente europeo ostile.