C’è un progetto di accordo all’Eurogruppo, un testo breve, che ha lo scopo di chiarire le differenze di interpretazione sulla crisi, che hanno portato allo scontro tra la Grecia, oggettivamente isolata sulla questione del «rispetto degli impegni presi», e i suoi 18 partner della zona euro: la Grecia deve presentare entro lunedì delle precisazioni. L’ipotesi di compromesso ha l’obiettivo di proteggere l’euro non tanto da un Grexit, che tutti escludono a parole, ma da un Grexident, cioè da un incidente che potrebbe arrivare senza che nessuno l’abbia veramente voluto o preparato. Il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ha escluso ieri sera la convocazione di un vertice straordinario Ue domenica, ma si è detto pronto a convocarlo se necessario, come ha chiesto Tsipras.

Il testo, che dovrebbe servire da base per un prolungamento di quattro mesi del piano di aiuti alla Grecia, è stato redatto ai margini dell’Eurogruppo, prima che la riunione dei 19 ministri delle finanze della zona euro si aprisse (con un’ora e mezzo di ritardo). E’ il frutto dei numerosi incontri bilaterali del pomeriggio a Bruxelles, il più importante dei quali è stato quello tra i due nemici, Wolfgang Schäuble e Yanis Varoufakis, che tutto divide. I due ministri si sono visti grazie alla mediazione dell’Fmi e di Christine Lagarde, oltreché del commissario Pierre Moscovici.

Per Schäuble, che la vigilia aveva respinto al mittente la lettera di Varoufakis, giudicata «insufficiente», il punto principale «non sono le regole – ha ammesso nell’incontro con il ministro portoghese, Maria Luis Albuberque – ma la fiducia reciproca, chi distrugge la fiducia distrugge l’Europa». La Germania non ha digerito gli attacchi sul nazismo e la richiesta di versare le riparazioni di guerra. Varoufakis, che non conosce la diplomazia, ha affrontato Schäuble dicendo: «Lei non ha il monopolio dell’Europa». Tra i partner meno schierati con la Germania c’è persino il sospetto che Schäuble cerchi di dare una «lezione» a Italia e Francia attraverso la «punizione» della Grecia (trovando alleati in Spagna e Portogallo, dove i governi conservatori temono Podemos – esiste anche una versione portoghese – nel caso di un successo delle richieste di Syriza)? Ha l’appoggio di Jens Weidmann, presidente della Bundenbank: «La lettera è completamente vaga e la comunicazione greca è del tutto diversa a seconda del periodo e dei destinatari».

La giornata è stata intensa, con voci incontrollate (persino quella che Schäuble avesse respinto le proposte greche sulla base di un testo falso, che non era la lettera di Varoufakis). La vigilia c’erano state varie telefonate, Merkel e Hollande con Tsipras (50 minuti per la cancelliera tedesca), Merkel con Renzi, ieri Merkel era a pranzo all’Eliseo con Hollande (ma nell’incontro off con i giornalisti, l’Eliseo si è rifiutato di parlare della Grecia, tanto l’argomento era bollente e la divisione franco-tedesca forte sulla questione). La Commissione ha cercato la mediazione. Per Bruxelles, un «accordo è possibile nel prossimo futuro se tutti si mostrano ragionevoli». Per la Commissione ci sono «discussioni costruttive in corso», anche se, ha precisato il portavoce nel pomeriggio, «non ci siamo ancora».

Jeroen Dijsselbloem, il presidente dell’Eurogruppo con cui Varoufakis si è scontrato duramente lunendì scorso, è arrivato alla riunione convinto che ci siano «ragioni di essere ottimisti», anche se il negoziato è «molto difficile».

Lo scontro resta sempre lo stesso: la Grecia ha fatto molto concessioni, ha accettato l’ «estensione» del piano attuale per sei mesi, per avere il tempo di preparare un «nuovo contratto», per Tsipras «è arrivato il momento di una decisione politica storica per l’avvenire dell’Europa», ma per i partner difensori del risanamento dei conti, Atene deve dare delle «garanzie». Quelle date finora, a cominciare dal rispetto di un bilancio in eccedenza, non sembrano bastare. E queste «garanzie» erano scritte nero su bianco nel Memorandum, che Varoufakis non menziona nella sua lettera e sul cui rigetto Syriza ha vinto le elezioni. La Grecia ha cercato un accordo politico, la Ue ha risposto rimandando agli accordi «tecnici» e al loro rispetto. Merkel ha difatti sottolineato a Parigi che «c’è un gran numero di questioni tecniche da regolare». François Hollande accetta più di Merkel di mettere la questione greca sul piano politico: «Non c’è uno scenario di uscita della Grecia dall’euro» ha ancora ripetuto ieri. Anhe la Spagna è su questa posizione: «l’integrità della zona euro è un valore fondamentale», ha affermato il ministro Luis De Guindos.

La Germania ha mandato avanti i suoi alleati di ferro ieri. Il Portogallo ha fatto sapere che rifiuta nuovi prestiti alla Grecia senza condizioni. Per Maris Lauri, responsabile delle finanze dell’Estonia, un Grexit avrebbe «un debole impatto sull’euro» (lo dicono anche l’agenzia di rating S&P e l’istituto di congiuntura tedesco Ifo).

Il ministro Janis Reir, della Lettonia, ha affermato che «attendiamo documenti chiari e comprensibili dalla Grecia». Il primo ministro slovacco, Robert Fico, non vuole più versare aiuti alla Grecia.